L’osservatorio polimi

Digital transformation, il platform thinking prende piede in Italia



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L’88% delle imprese ha sviluppato almeno un’iniziativa per far evolvere il business. Trabucchi: “Strumenti adatti non solo alle startup tecnologiche, ma alle aziende di ogni dimensione e settore per creare valore reinventando prodotti e processi”

Pubblicato il 18 ott 2024



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Le piattaforme da Amazon a Spotify, da Facebook a Google, sono sempre più diffuse e pervasive nelle esperienze di ogni utente e consumatore, sono diventate parte integrante della vita quotidiana, rimodellando il modo in cui si comunica, si fanno acquisti, si accede all’intrattenimento. In questo contesto, il “Platform Thinking” è la capacità di utilizzare meccanismi basati su piattaforme per la trasformazione del business di un’azienda di qualsiasi tipo.

Una strategia di innovazione che, in Italia, interessa già 9 imprese su 10 dell’indice FtseMib. Ben l’88% delle aziende quotate al principale listino italiano, infatti, ha sviluppato un’iniziativa in qualche modo legata a una piattaforma. Anche se in realtà in molti casi si tratta semplicemente di servizi lineari digitali, senza le caratteristiche che identificano le vere e proprie piattaforme, cioè gruppi di clienti multipli e interdipendenti ed effetti di rete trasversali, per cui la presenza di un gruppo di utenti aumenta il valore della piattaforma di un altro. Il 46% delle aziende dell’indice FtseMib, una percentuale comunque significativa, sta sfruttando appieno le opportunità derivanti dal Platform Thinking.

Uno strumento per aziende di ogni dimensione

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Platform Thinking Hub del Politecnico di Milano, secondo cui, esaminando le iniziative promosse da queste aziende come “piattaforme”, si contano 107 progetti, ma di questi il 22% (23 progetti) può essere classificato come reali piattaforme.

“Le piattaforme sono uno strumento adatto non solo alle startup tecnologiche, ma anche alle aziende di ogni dimensione e settore per creare valore reinventando prodotti e processi aziendali – spiega Daniel Trabucchi, Responsabile Scientifico e Direttore dell’Osservatorio Platform Thinking Hub -. La ricerca dimostra come siano molto diffuse e addirittura pervasive anche nelle aziende nel nostro Paese, creando valore e portando efficienza, efficacia e allineamento all’interno. Ma le piattaforme si rivelano alleate anche in alcune grandi sfide della modernità, come quello della sostenibilità, basti pensare a realtà come Vinted o ToGoodToGoo, che stanno facendo molto per abbattere gli sprechi e favorire l’economia circolare”.

“Ci troviamo davanti a una nuova rivoluzione nel campo del Platform Thinking, quella dell’Intelligenza Artificiale e di ChatGpt – dichiara Tommaso Buganza, Responsabile Scientifico e Direttore dell’Osservatorio Platform Thinking Hub -. OpenAI, infatti, ha applicato molto presto un approccio basato sul Platform Thinking, aprendo alla cocreazione con MyGpts. E ora “vecchie” piattaforme come Google e Apple stanno cercando di capire come reagire di fronte a questa “nuova” piattaforma, un fenomeno molto interessante che bisognerà studiare da qui in avanti”.

Il confronto con gli Usa

Le piattaforme rappresentano uno strumento di innovazione per l’88% delle 40 aziende quotate all’FtseMib. Dato solo di poco inferiore a quanto avviene negli Stati Uniti con le 500 aziende che compongono lo S&P 500: qui infatti, escludendo le sole 16 realtà con piattaforme “native” (come ad esempio Google, Meta, Apple), ben il 92% delle imprese (445) che compongono l’indice S&P 500 ha sviluppato una o più iniziative promuovendole come “piattaforma”. In realtà, però, solo il 30% di queste aziende (135) sta sviluppando vere e proprie piattaforme. Nel contesto italiano, invece, delle 40 aziende quotate, 16 stanno sviluppando vere e proprie piattaforme: il 46% del totale. Delle 107 iniziative definite come piattaforme dalle aziende italiane, solo il 22% (23 progetti) può essere classificato come reali piattaforme, negli Stati Uniti sono 268 su un totale di 798, il 34%. Una differenza di proporzioni che si spiega con il fatto che, negli Stati Uniti, le aziende che hanno sperimentato con successo il Platform Thinking in una delle loro iniziative tendono a replicare l’esperienza su altre. La replica è meno frequente nel contesto italiano, dove meno iniziative possono essere considerate reali piattaforme, indicando come queste strategie presentino un più basso livello di maturità.

Le strategie di Platform Thinking

Le piattaforme non sono solo strumenti per trasformare il business lineare in un modello più efficiente, scalabile e con costi marginali pari quasi a zero. Sono un meccanismo più ampio per rivoluzionare qualsiasi processo. L’Osservatorio Platform Thinking Hub ha identificato tre diversi approcci che le aziende possono utilizzare nell’introdurre questo nuovo paradigma. La prima strategia è quella della Piattaforma come nuovo servizio, che può comportare un nuovo approccio al mercato, una “scatola degli attrezzi per gli sviluppatori”, un’espansione dei servizi esistenti, un nuovo servizio, iniziative di sostenibilità o lo sviluppo di piattaforme attorno a un prodotto. La seconda strategia è la Piattaforma per innovare un’attività primaria dell’azienda, con un’estensione dal lato dell’offerta, piattaforme di seconda generazione, estensioni multilaterali, pubblicità avanzata, l’apertura a complementi esterni o la digitalizzazione dei servizi. Il terzo approccio è la Piattaforma per innovare un’attività di supporto, di cui fanno parte: la raccolta di dati per l’innovazione, le piattaforme di open innovation, i sistemi di gestione della conoscenza, il processo di sostegno all’estensione dell’offerta, i progetti di sostenibilità interna e le piattaforme di training. Secondo questo schema, si delineano 18 diverse strategie che le aziende possono mettere in atto, anche combinate, per attuare il Platform Thinking nelle aziende.

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