Io non ci sto, non posso assistere alla distruzione completa di Telecom Italia. Preferisco andarmene”: è lo sfogo di Franco Bernabè con gli amici più vicini. Il Consiglio di amministrazione di Telecom convocato per giovedì 3 ottobre si troverà sul tavolo la lettera di dimissioni di Franco Bernabè. Il manager di Vipiteno ha capito che, nonostante l’appoggio dei consiglieri indipendenti, rischiava di non avere nel cda una maggioranza disponibile a supportare le sue proposte di progetto industriale per il rilancio di Telecom che passasse non dalla cessione delle attività brasiliane e dall’abbraccio, mortale secondo Bernabè, con Telefonica ,ma da una ricapitalizzazione che portasse in casa risorse per la crescita ed azionisti freschi.
Oltre alla sponda degli azionisti Telco, gli è venuta a mancare la sponda della politica: il consiglio dei ministri che questa sera avrebbe dovuto varare provvedimenti come un rafforzamento della golden power e una versione più stringente della legge dell’Opa per contrastare l’ingresso degli spagnoli si è occupato d’altro, “distratto” dalla possibile imminenza di una crisi di governo.
Senza una forte sponda politica e con la constatazione che gli azionisti italiani di Telco (Intesa San Paolo, Mediobanca, Generali) hanno stretto un patto di ferro con Telefonica, Bernabè ha capito che non era il caso di insistere. Meglio lasciare la scena ed evitare uno scontro che sarebbe stato ancor più devastante, innanzitutto per l’azienda.
Il passaggio delle consegne dovrebbe essere rapido. Mercoledì è in agenda una riunione del comitato nomine di Telecom che. Potrebbe essere già questa l’occasione per la cooptazione del sostituto di Bernabè dopo le dimissioni di Elio Catania che ha lasciato libero un posto in consiglio.
Il nome più accreditato a sostituire Bernabè, mentre Marco Patuano continuerebbe a mantenere il ruolo di amministratore delegato, è quello di Massimo Sarmi, da 13 anni amministratore delegato di Poste Italiane ma con una importante esperienza nelle telecomunicazioni visto che è stato il primo direttore generale di Tim e nel 1998 direttore generale di Telecom Italia. In pista c’è anche Francesco Caio, amministratore delegato di Avio Aero ma anche Mr. Agenda Digitale, anch’egli con importante esperienze nelle tlc, in particolare in Omnitel (ora Vodafone) di cui è stato amministratore delegato alla fondazione.
“Ho molta stima per Bernabè, mi sembra che anche in questo caso, se la decisione è quella che vediamo, abbia anteposto gli interessi dell’azienda ai propri”. È il commento di Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, azionista di Telco.
Sul tema dello scorporo della retedi Telecom Italia è intervenuto anche sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, sostenendo che è “necessario costituire una società delle reti con una presenza pubblica ma anche con una presenza del privato molto ampia”. De Vincenti ha citato esempi positivi di intervento dello Stato nelle grandi reti: “in Terna e Snam il ruolo di Cdp è stato un fatto molto positivo per la liberalizzazione del settore e per la possibilità di garantire investimenti strategici del Paese . Mi chiedo se qualcosa del genere non si debba fare anche con la banda larga”.
Sull’argomento Telecom è tornato nuovamente oggi il Vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri esprimendo “meraviglia che qualcuno possa non avere a cuore la tutela di azionisti e risparmiatori nel caso Telecom. Acquisire con poca spesa il controllo del gruppo, colpendo ulteriormente il già ridotto valore dei titoli, è qualcosa che mal si concilia con un corretto funzionamento di mercato. Ecco perché è opportuno valutare se modificare le regole dell’Opa”.
Secondo l’esponente del Pdl “Telecom ha bisogno di una proprietà che abbia visione, voglia di futuro, propensione agli investimenti. Questo è perfino più importante della nazionalità della proprietà, del resto già da tempo caratterizzata da forti presenze estere”. Per il vicepresidente del Senato, inoltre, “serve una rapida gestione della questione rete. Nessun acquisto pubblico. Ma separazione della rete, da collocare in una nuova società della quale siano azionisti la stessa Telecom, altri operatori tlc che conferissero le loro strutture, Cassa depositi e prestiti, e quanti volessero investire nella modernizzazione della rete”.
Nuovi dubbi sui piani che Telefonica ha per il futuro di Telecom Italia, sono stati espressi da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil che teme ricadute occupazionali negative: “Un piano effettivo di Telefonica non si conosce. Noi continuiamo a dire che la vendita è stata un errore. È indubbio che Telefonica è una società in difficoltà, molto indebitata che si sovrappone a Telecom ed ha lo stesso asset fondamentale che è il Sud America. Quindi è legittima la preoccupazione che questa scelta si riduca ad un taglio dei posti di lavoro.”