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Reti Tlc, Urso: “Contributo big tech necessario”. Emendamento al Ddl Concorrenza



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Si riapre il dibattito sul ruolo dei colossi del Web nella partita della banda ultralarga. Il dossier sul tavolo della nuova Commissione europea ma resta complesso quantificare la porzione a carico degli Ott. All’esame della Camera una proposta di Fratelli d’Italia: equo compenso da parte di Google & co per contribuire allo sviluppo e al mantenimento delle infrastrutture

Pubblicato il 21 ott 2024

Federica Meta

Giornalista



reti veloci 4

Si riapre il dibattito sul fair share ovvero sul contributo delle big tech allo sviluppo delle reti ultraveloci. A rilanciare il tema è il ministro delle Imprese, Adolfo Urso che si dice assolutamente convinto di regole ad hoc.

Credo che sia assolutamente necessario un intervento di questa natura – ha spiegato in occasione del suo intervento all’Assemblea generale di Assolombarda all’Università Bocconi a Milano – Sono convinto che questo possa contribuire in maniera significativa rispetto al carico che viene attribuito alla rete, allo sviluppo e al sostegno del nostro sistema delle telecomunicazioni, quindi siamo d’accordo. L’ipotesi, infatti, sarebbe contenuta in alcuni emendamenti della maggioranza alla legge sulla Concorrenza, in discussione alla Camera. Quanto alla possibile cifra di questo “contributo”, Urso ha tagliato corto: “Siamo tutti al lavoro, l’importante è che si vada in questa direzione. È buon senso che le Big Tech contribuiscano per il carico di lavoro che poi viene affidato alle grandi reti di telecomunicazione”.

L’emendamento al Ddl Concorrenza

Intanto la maggioranza affila le armi. E’ all’esame delle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera un emendamento presentato al Ddl Concorrenza da Fratelli d’Italia – primo firmatario Massimo Milani – che prevede un equo compenso da parte degli Ott per contribuire allo sviluppo e al mantenimento delle infrastrutture di rete. L’obiettivo, quindi, è superare la situazione attuale in cui le big del settore delle telecomunicazioni, nonostante il grande utilizzo di traffico, non contribuiscono a questi costi che, invece, ricadono interamente sugli operatori. Sono questi, infatti, “che portano la rete internet agli utilizzatori finali e che sono impegnati a portare avanti cospicui investimenti per lo sviluppo delle infrastrutture digitali di ultima generazione nel nostro Paese”, si legge nella relazione illustrativa dell’emendamento.

La proposta emendativa, quindi, propone di introdurre l’obbligo alla negoziazione tra le parti, sotto il monitoraggio dell’Agcom. La norma, infatti, prevede che “gli operatori di comunicazioni elettroniche e i gatekeepers concordano le condizioni tecniche ed economiche di remunerazione degli operatori nel rispetto del principio di non discriminazione”. Nel dettaglio, i gatekeepers – sulla base delle previsioni di traffico (sia su rete mobile sia su rete fissa) che intendono sviluppare nell’anno successivo e che devono essere comunicate ogni anno entro settembre – dovranno remunerare gli operatori di comunicazione elettronica “per gli spazi, i servizi di alimentazione e i servizi accessori necessari per il funzionamento delle cache installate”. Ad ogni modo, tutte le condizioni dovranno essere “formalizzate attraverso contratti sottoscritti e comunicate con tutti i dettagli all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) che avrà la facoltà di applicare specifiche sanzioni che dovranno essere efficaci per evitare la violazione delle disposizioni e per scoraggiare comportamenti scorretti”.

La soluzione – puntualizza la relazione illustrativa – riserva allo Stato un ruolo attivo ma non invasivo, in quanto i criteri di definizione del rapporto, la quantificazione dei corrispettivi e le modalità del negoziato sono lasciati alle parti, rimuovendo così una grave distorsione della concorrenza. A marzo di ogni anno, conclude la norma, gli operatori e i gatekeepers “provvedono rispettivamente alla fatturazione e al pagamento dei conguagli rispetto al traffico effettivamente sviluppato nell’anno precedente, al fine di garantire una corretta remunerazione in base ai dati reali di utilizzo sia su rete mobile sia su rete fissa degli operatori di comunicazione elettronica”. “L’obiettivo è rendere il sistema più equo e sostenibile, evitando che gli operatori di rete siano gli unici a sopportare i costi mentre gli Ott ne traggono vantaggio senza contribuire all’efficienza delle infrastrutture”, ha commentato attraverso una nota il deputato Fabio Pietrella (FdI), relatore del ddl.

Le mosse della Ue

A fine 2023 era andato fallito un primo tentativo della Commissione di regolamentare il fair share a pesare soprattutto le modalità di calcolo del contributo e di “chi” praticamente doveva gestirlo (in singoli Stati o un ente centrale europeo?). A questo problema si era accompagnato il “no” di alcuni Pesi, tra cui l’Italia. Il che ha reso più difficile trovare la quadra.

Lo scorso febbraio la Commissione ha riaperto il dossier, dando il via libera al Digital connectivity package con l’ok del collegio dei commissari.

Il paper affronta il tema la convergenza tecnologica tra le telecomunicazioni e il cloud, sottolinea l’importanza di realizzare appieno il potenziale del mercato unico digitale per le telecomunicazioni e apre le porte a “misure volte a garantire una vera parità di condizioni” tra operatori diversi.

Focus anche sul fair share. L’esecutivo Ue, si legge nel White Paper, “potrebbe prendere in considerazione l’ampliamento” della portata delle attuali norme sulle tlc “per garantire condizioni di parità per tutti gli attori e gli utenti finali delle reti digitali”. “Data la probabile portata globale e l’impatto degli sviluppi tecnologici e di eventuali modifiche normative”, viene precisato, “una riforma dell’attuale quadro” dovrà “essere adeguatamente valutata in termini di impatto economico su tutti gli attori e discussa ampiamente con tutte le parti interessate”.

L’assist di Draghi

Sulla necessità che Google & co contribuiscano alla realizzazione delle nuove reti ha insistito anche l’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo rapporto sulla competitività europea presentato alla Commissione Ue.

“Per aumentare la capacità degli operatori dell’Ue di investire in queste tecnologie – si legge nel rapporto – si raccomanda di supportare la condivisione degli investimenti commerciali tra telco e very large online platforms che utilizzano in modo massiccio le reti di dati dell’Ue ma non contribuiscono a finanziarle”.

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