MANOVRA 2025

Dietrofront sulla web tax? Dopo le proteste spunta un piano B



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La misura che estende l’imposta del 3% a tutte le imprese rischia di provocare un effetto boomerang sul mercato del digitale nazionale. Butti: “Serve qualche ragionamento in più”. E Gasparri annuncia un correttivo nel passaggio in Parlamento

Pubblicato il 28 ott 2024



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Il Governo potrebbe considerare delle modifiche all’annunciata proposta di riforma della web tax che verrà introdotta dalla manovra 2025, e che prevede l’estensione alla tassazione del 3% a tutte le aziende che operano nel digitale, e non più soltanto a quelle che fatturano 750 milioni di euro a livello globale e che percepiscono un ammontare di ricavi da servizi digitali non inferiore 5,5 milioni in Italia. Dopo le proteste vibranti arrivate da più fronti, infatti, diversi esponenti dell’esecutivo Meloni e della maggioranza di governo hanno avanzato la possibilità che venga aggiustato il tiro per non penalizzare le Pmi che operano nel settore in Italia.

Tra le misure previste dalla manovra ci sono l’innalzamento dal 26% al 42% della tassazione delle plusvalenze e dei proventi derivanti dalle operazioni in Bitcoin e altre cripto-attività, che porterà un maggior gettito di 16,7 milioni rispetto ai 27 milioni di euro attuali. Dall’allargamento della platea della web tax, una volta escluse le soglie di fatturato, si prevedono maggiori entrate annue di 51,6 milioni di euro.

Butti: “Non escludo gradualità”

Tra i primi a intervenire c’è il sottosegretario di Palazzo Chigi con delega all’Innovazione, tecnologia e transizione digitale, Alessio Butti: “La decisione del Mef ha un suo fondamento dal punto di vista finanziario, ma io personalmente avrei fatto qualche ragionamento in più – ha detto durante un appuntamento pubblico – Credo che il ministro Giorgetti stia valutando una sorta di progressione di tassazione“.

“Ciò che non è accettabile – prosegue Butti – è l’attacco a Meloni rispetto a quello che diceva sei anni fa. Da sei anni fa ad oggi è successo di tutto: non c’era l’AI, non c’era il numero delle startup che ci sono oggi. Ecco perché noi vogliamo la legge sull’innovazione annuale. E’ una cosa importante“.

Gasparri: “Interverremo in Parlamento”

Il capogruppo di Forza Italia in Senato annuncia l’intenzione di intervenire in Parlamento per modificare la versione della Web Tax contenuta in manovra: “Vedo troppi addetti alle relazioni istituzionali delle big tech che fanno azioni di lobby sui miei colleghi parlamentari – afferma Maurizio Gasparri intervistato da QN – È vero che la global minimum tax ha consentito, fino a ora, di incassare poco meno di 400 milioni di euro, un granello rispetto al fatturato miliardario delle grandi aziende. Ma nello stesso tempo non possiamo colpire le piccole tv digitali o i gruppi editoriali solo perché hanno un sito web – prosegue – Capisco, perciò, l’amarezza e lo stupore degli editori. La web tax deve colpire i grandi operatori del web che non solo non pagano le tasse, ma fanno concorrenza sleale rubando le notizie alle aziende editoriali. Un vero e proprio atto di banditismo“.

Cattaneo: “Forza Italia ascolta le imprese”

“Attraverso la web tax vogliamo colpire chi elude tasse e fa concorrenza sleale ai nostri commercianti – sottolinea Alessandro Cattaneo, parlamentare di Forza Italia – Sappiamo che è un tema che si gioca sul tavolo europeo e anche oltre ma invece di attendere mettiamo in atto iniziative concrete. Se dovremo mettere mano a dei miglioramenti per evitare di colpire altre realtà lo faremo. Forza Italia è sempre il partito che ascolta le imprese”.

Le proteste

In prima fila tra le realtà che hanno protestato contro la possibile estensione della Web Tax Roberto Liscia, presidente di Netcomm: “Questa misura rappresenta un colpo di grazia sia per le imprese che operano nel settore dei servizi digitali, sia per quelle usufruiscono di questi servizi, specialmente quelle più piccole o che sono nelle fasi iniziali della loro crescita – afferma – La tassa rischia di ridurre il Pil e, a lungo termine, anche il gettito fiscale complessivo, dato che le imprese sarebbero costrette a rallentare le attività di investimento o delocalizzare. Questo crea un ciclo negativo in cui l’imposizione fiscale riduce la competitività delle imprese, rallentando lo sviluppo economico nazionale”.

“La web-tax è stata concepita per i grandi operatori del web, anche per eliminare la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo delle imprese nazionali nei confronti dei soggetti globali operanti nel web – rincara la dose la Fieg, federazione italiana editori di giornali – Con l’estensione della platea dei contribuenti l’epilogo della web-tax è paradossale: si colpiscono tutte le imprese digitali italiane, sottoponendole ad una duplice tassazione e accentuando così la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo nei confronti dei colossi globali del web”.

“Bisogna recuperare lo spirito iniziale della norma che era stata concepita per impedire agli Over the top di eludere il fisco in Italia – sottolinea Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, Federazione Nazionale della Stampa Italiana – Le aziende che in Italia fanno informazione digitale pagano già le tasse. Pensiamo che la web tax così come concepita in manovra possa avere effetti controproducenti sulla tenuta occupazionale di un settore messo già a dura prova”.

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