L’APPELLO AL GOVERNO

Transizione 5.0, Assintel: “Semplificare non basta, spacchettare gli incentivi digitale-energia”



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Secondo l’associazione guidata da Paola Generali bisogna creare due piani distinti e dividere i fondi. “Solo così si potranno aiutare concretamente le imprese italiane che individuano nella carenza di risorse e finanziamenti il primo ostacolo alla crescita”

Pubblicato il 26 nov 2024



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Se il Piano Transizione 5.0 non decolla è perché occorre spacchettare gli incentivi alla digitalizzazione rispetto a quelli sul risparmio energetico: a dirlo è Paola Generali, presidente di Assintel-Confcommercio, associazione che rappresenta le aziende del comparto Ict italiano. Come si legge in una nota, “Le modifiche in corso sul Piano Transizione 5.0 da parte del Governo sono sicuramente migliorative ma non risolvono, a nostro modo di vedere, il problema principale che non ha finora permesso al meccanismo di decollare”, afferma Generali. “Perché questo avvenga c’è bisogno che gli incentivi alla digitalizzazione delle imprese siano disgiunti dal ritorno in termini di risparmio energetico”.

Assintel: “Spacchettare gli incentivi per digitale e green

Secondo Generali, “Il calcolo dei risparmi energetici, a cui sono vincolati gli incentivi, è difficoltoso e spesso un disincentivo. Tanto è vero che sono state poche le adesioni finora raccolte dal Piano. Ben vengano le semplificazioni proposte nel decreto Fiscale, ma secondo noi bisogna fare un passo ulteriore“.

Si tratterebbe, sostiene la presidente di Assintel, di spacchettare il piano in due: un vero e proprio ‘Transizione 5.0’ per la digitalizzazione e un più specifico ‘Transizione energetica 5.0’, dividendo i fondi e massimizzandone così l’efficacia.

“Solo così, a nostro modo di vedere, si potranno aiutare concretamente le imprese italiane che, come messo in luce recentemente dal nostro Report annuale, individuano nella carenza di risorse e finanziamenti il primo ostacolo alla crescita”, afferma Generali.

Transizione 5.0, risultati sotto le attese

Anche il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, ha auspicato una semplificazione di Transizione 5.0: il piano “sta procedendo in maniera lenta, un mese fa ho detto che eravamo a 70 milioni, oggi siamo a poco meno di 100 ed è passato un mese”, ha evidenziato Spada. “Se andiamo avanti così non arriveremo nemmeno a 500 milioni di investimenti su un provvedimento così importante che ha un plafond di 6,3 miliardi. Ci auguriamo che si possa renderla più semplice: è uno strumento che oggi come oggi le aziende chiedono”.

Da parte sua Assosoftware ha sottolineato che il Piano Transizione 5.0 adottato dal governo non sta producendo i risultati attesi: in tre mesi sono stati prenotati crediti d’imposta solamente da 324 imprese per appena 99 milioni di euro: l’1,6% degli oltre 6 miliardi di euro disponibili.

Nonostante il Piano – secondo un recente studio dell’Osservatorio Mecspe e Grs Ricerca e Strategia – stia suscitando entusiasmo tra le aziende italiane, “è evidente che c’è un forte gap tra l’entusiasmo delle aziende per i nuovi incentivi e l’impossibilità poi nella pratica di accedervi”, osserva Pierfrancesco Angeleri, presidente dell’Associazione di Confindustria che rappresenta le imprese produttrici di software.

Molte imprese sono infatti frenate a causa delle complesse procedure burocratiche. “Un esempio concreto riguarda le difficoltà che le imprese incontrano nel dover rendicontare un collegamento tra l’adozione di un software e un risparmio energetico”, spiega Angeleri. Infatti, anche se un software certamente migliora di per sé l’efficienza di un’azienda e il consumo delle risorse – basti pensare alla riduzione dell’uso di carta grazie alla digitalizzazione – ciò non sempre si traduce in un risparmio diretto sulle bollette energetiche, specialmente con l’uso di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale.

L’impegno del Governo sulla semplificazione

Il Governo si è impegnato a rendere più semplici le norme per la Transizione 5.0. durante il question time alla Camera rispondendo a un’interrogazione sulle iniziative volte ad assicurare la concreta fruibilità per le imprese degli incentivi previsti dal piano, il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha assicurato: “Con un emendamento al decreto fiscale intensificheremo il contributo e semplificheremo” le procedure. Inoltre, “siamo in contatto con la Commissione europea, ma non avremo risposte prima di gennaio-febbraio”. Secondo Urso, infatti, “una parte del piano Transizione 5.0 è ricavata dalla contrattazione con la Commissione europea e deve rispondere ai criteri che la Commissione ha voluto imporre e che rendono più complicato l’utilizzo degli incentivi rispetto a Industria 4.0”.

Ad oggi, secondo i dati del Mimit, hanno chiesto il contributo 413 imprese mentre altre 314 hanno avviato la fase di prenotazione.

Come funziona il Piano

Transizione 5.0 è il programma di incentivi varato con il decreto Pnrr, licenziato dal Consiglio del ministri lo scorso febbraio, che ha l’obiettivo sostenere la transizione digital & green delle imprese italiane.

Il Piano prevede risorse pari a 6,3 miliardi di euro, che si aggiungono ai 6,4 miliardi già previsti dalla legge di bilancio, per un totale di circa 13 miliardi nel biennio 2024-2025.

Alle aziende viene concesso un credito d’imposta automatico, senza alcuna valutazione preliminare, senza discriminazioni legate alle dimensioni dell’impresa, al settore di attività o alla sua localizzazione. Sono agevolati gli investimenti in beni materiali e immateriali, purché si raggiunga una riduzione dei consumi energetici dell’unità produttiva pari almeno al 3% (o al 5% se calcolata sul processo interessato dall’investimento).

Inoltre, sono ammessi anche investimenti in nuovi beni strumentali necessari all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e spese per la formazione del personale dipendente finalizzate all’acquisizione o al consolidamento di competenze nelle tecnologie per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi.

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