Il telelavoro, se applicato in modo intelligente, può portare ad un aumento concreto della produttività delle imprese e a risparmi sul fronte gestionale. Da una ricerca curata dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano emerge che l’adozione di modelli di lavoro ad alta fruizione di tecnologia e non vincolati alla presenza fisica presso la sede aziendale può aumentare la produttività per 27 miliardi di euro e ridurre i costi fissi per 10 miliardi di euro.
“Le tecnologie attuali permettono di svolgere moltissime attività non in ufficio, ma in ogni luogo – sottolinea Cristiano Radaelli, presidente Anitec e vicepresidente Confindustria Digitale – Questo semplice fatto può portare enormi vantaggi in termini di qualità della vita, incremento di produttività, riduzione del traffico e dell’inquinamento atmosferico. Prerequisiti per cogliere queste opportunità, sono la disponibilità di infrastrutture di larga e larghissima banda e un profondo cambiamento culturale che permetta di valutare i risultati dei collaboratori in base al raggiungimento dei compiti assegnati e non per le ore trascorse in ufficio. E’ necessario che la normativa giuslavorista sia aggiornata per essere applicabile alle nuove forme organizzative e di lavoro e che la rete infrastrutturale italiana, superando finalmente il Digital Divide, permetta a tutti i cittadini di usufruire delle stessa possibilità di lavorare e sviluppare iniziative di business, indipendentemente dal luogo in cui operano, con connessioni in rete a banda larga”.
Nel confronto internazionale, l’Italia risulta indietro nell’adozione di modelli orientati a forme di cosiddetto smart working. Ad esempio, riguardo al telelavoro si posiziona al 25° posto su 27 Nazioni europee nell’ultima classifica Ue (2005). Ma sembra notarsi finalmente un primo cambio di tendenza: nell’ultimo anno la percentuale di telelavoratori è aumentata dell’8%, passando dal 17% del 2012 al 25% nel 2013.