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Fascicolo sanitario elettronico, forti disparità regionali. Allarme Gimbe: “Digitalizzazione a rischio”



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Il Lazio al top per completezza di documenti e servizi, la Puglia fanalino di coda. Solo il 41% dei cittadini ha fornito il consenso: Emilia-Romagna Regione più virtuosa con l’89%. Cartabellotta: “Serve un patto nazionale”

Pubblicato il 27 nov 2024



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Sono forti le disparità regionali che ostacolano la digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale. Il dato emerge dai dati aggiornati sulla completezza e utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse) nelle Regioni italiane, presentato dalla la Fondazione Gimbe, per voce del Presidente Nino Cartabellotta, al 19esimo Forum Risk Management di Arezzo.

Secondo il report, il Lazio è al vertice per completezza di documenti e servizi, mentre solo il 41% dei cittadini ha fornito il consenso: dall’89% dell’Emilia-Romagna all’1% di Abruzzo, Calabria, Campania e Molise.

“E’ indispensabile un nuovo patto nazionale per la sanità digitale, che coinvolga il Governo e le amministrazioni regionali – dichiara Cartabellotta –. Senza un piano di integrazione nazionale, rischiamo di generare nuove diseguaglianze in un sistema sanitario che già viaggia a velocità diverse, dove tecnologia e innovazione rimangono accessibili solo a una parte della popolazione. Questo finisce per escludere proprio le persone che più dovrebbero beneficiare della trasformazione digitale: anziani, persone sole, residenti in aree isolate o disagiate, di basso livello socio culturale”.

La mappa delle disparità regionali

Dal report emergono forti disparità regionali. Il profilo sanitario sintetico, il documento di erogazione delle prestazioni specialistiche e quello di erogazione dei farmaci e il referto di anatomia patologica sono disponibili in oltre l’80% delle Regioni. Il certificato vaccinale è presente in 16 Regioni e Province autonome (76%) mentre il taccuino personale dell’assistito e della scheda della singola vaccinazione si trovano nei Fse di 12 Regioni (57%). Solo 5 Regioni rendono disponibile la lettera di invito per screening vaccinazione e altri percorsi di prevenzione. La cartella clinica, invece, è disponibile esclusivamente in Lazio, Sardegna e Veneto.

A livello nazionale sono messi a disposizione degli utenti il 79% dei documenti. Il Lazio è l’unica Regione che include nel Fse tutte le tipologie di documenti previsti dal decreto, mentre le altre Regioni presentano livelli di completezza variabili: dal 94% del Piemonte al 63% di Marche e Puglia.

Servizi disponibili

Attualmente, nei Fse regionali sono disponibili 37 servizi, che permettono ai cittadini di svolgere varie attività fondamentali: dal pagamento di ticket e prestazioni alla prenotazione di visite ed esami, fino alla scelta del medico di medicina generale o alla consultazione delle liste d’attesa. La disponibilità di questi servizi varia significativamente tra le Regioni: solo Lazio (67%) e Toscana (64%) superano la soglia del 60%, offrendo un’ampia gamma di funzionalità. All’estremo opposto, in Abruzzo e Calabria, i servizi accessibili tramite il Fse si fermano all’8%.

Consenso alla consultazione

Al 31 agosto 2024 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono al 31 marzo 2024), il 41% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti sanitari da parte di medici e operatori del Ssn, in linea con le finalità del DM 7 settembre 2023. Anche su questo fronte si rileva un’ampia variabilità regionale: l’adesione varia dall’1% in Abruzzo, Calabria, Campania e Molise all’89% in Emilia-Romagna. Tra le Regioni del Mezzogiorno, solo la Puglia con il 69% supera la media nazionaleì. “La limitata espressione del consenso da parte dei cittadini – spiega il Presidente – soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno, evidenzia l’urgenza di infondere una maggiore fiducia nella popolazione. È fondamentale rassicurare i cittadini sulla sicurezza dei dati personali e sull’utilità concreta del Fse. Senza un intervento mirato in questa direzione, gli sforzi compiuti dai servizi sanitari regionali rischiano di essere vanificati”.

Utilizzo del Fse

Tra giugno e agosto 2024 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono gennaio-marzo 2024), solo il 18% dei cittadini ha consultato il proprio Fse almeno una volta, considerando coloro per cui nello stesso periodo è stato reso disponibile almeno un documento nel fascicolo. Tuttavia, le differenze tra le Regioni sono significative: si passa dall’1% di utilizzo nelle Marche e in Sicilia al 50% della Provincia autonoma di Trento. Nelle Regioni del Mezzogiorno, il tasso di utilizzo è generalmente molto basso, con percentuali pari o inferiori al 3%, fatta salva la Sardegna che raggiunge il 10%. L’unica eccezione positiva è rappresentata dalla Campania, che con il 18% si allinea alla media nazionale. “Il limitato utilizzo del Fse da parte dei cittadini – commenta il Presidente – particolarmente evidente nelle Regioni del Sud, sottolinea l’urgenza di investire in alfabetizzazione digitale. Questa è una condizione imprescindibile per realizzare una trasformazione digitale efficace, che trova nell’utilizzo del Fse uno strumento fondamentale”.

Utilizzo da parte dei medici di base

Tra giugno e agosto 2024 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono gennaio-marzo 2024), la quasi totalità (94%) di Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta ha effettuato almeno un accesso al Fse. 11 Regioni raggiungono il 100% di utilizzo: Basilicata, Emilia-Romagna, Lazio, Molise, Provincia autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto. Nelle altre Regioni il tasso di utilizzo rimane elevato ma di poco inferiore: Campania, Liguria e Provincia autonoma di Bolzano (99%), Friuli Venezia Giulia (97%), Calabria (94%). Al di sotto della media nazionale si collocano Sicilia e Marche (92%), Abruzzo (88%), Toscana (82%) e Lombardia (81%).

Utilizzo da parte di medici specialisti

Al 31 agosto 2024 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono al 31 marzo 2024), il 76% dei medici specialisti delle Aziende sanitarie risulta abilitato alla consultazione del Fse, con significative differenze regionali. Le percentuali oscillano tra lo 0% della Liguria e il 100% in Lombardia, Molise, Province autonome di Bolzano e Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Al di sotto della media nazionale si collocano Sicilia (73%), Lazio (59%), Abruzzo (28%), Calabria (25%), Marche (2%) e Umbria (1%). La Liguria rimane il fanalino di coda con una totale assenza di medici specialisti abilitati (0%).

Necessario “colmare le disparità”

Colmare le disparità è urgente anche considerando che, “a partire dal 2025 – ricorda Gimbe – un’importante innovazione è destinata a incrementare ulteriormente l’uso del Fse: la dematerializzazione della ricetta bianca. Grazie a questa evoluzione, anche le prescrizioni non a carico del Servizio sanitario nazionale saranno disponibili in formato elettronico e gestibili direttamente attraverso il Fse”. Per Cartabellotta “la ricetta bianca dematerializzata rappresenta un significativo passo avanti verso una sanità sempre più digitale e integrata. Sebbene rimanga per il paziente la possibilità di ricevere la ricetta via email, WhatsApp o di ritirare il farmaco direttamente in farmacia tramite il proprio codice fiscale, il Fse diventerà il fulcro di una gestione completa, sicura e trasparente delle prescrizioni mediche”.

“In un contesto in cui il Fse rappresenta il pilastro della trasformazione digitale di una moderna sanità pubblica”, la Fondazione Gimbe esorta le istituzioni ad “adottare misure concrete volte a migliorare l’alfabetizzazione digitale di cittadini, pazienti, caregiver, familiari e professionisti sanitari, rafforzare le infrastrutture digitali, standardizzare le procedure di accesso al fine di garantire un’adozione uniforme del Fse su tutto il territorio nazionale”. “Affinché il Fse diventi davvero uno strumento inclusivo, capace di rispondere alle esigenze di ogni cittadino – conclude Cartabellotta – è infine fondamentale superare con iniziative di formazione e sensibilizzazione la scarsa alfabetizzazione digitale di una parte significativa dei cittadini e i timori legati alla privacy dei dati personali, che oggi rappresentano ostacoli rilevanti ad un’adozione diffusa del Fse”.

“Il Fascicolo Sanitario Elettronico non è solo uno strumento con cui il cittadino può tracciare e consultare la propria storia sanitaria, condividendola in maniera sicura ed efficiente con gli operatori sanitari, ma rappresenta una leva strategica per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari – conclude Cartabellotta -. Il Pnrr, grazie ad un investimento dedicato, mira ad arricchire e armonizzare i Fse, rendendoli interoperabili e connettendo tra loro le infrastrutture digitali. Tuttavia, ad oggi, persistono significative diseguaglianze regionali che privano molti cittadini delle stesse opportunità di accesso e utilizzo. Inoltre, la mancata armonizzazione del Fse rischia di lasciare i cittadini senza accesso a dati essenziali per la propria salute in caso di spostamento tra Regioni”.

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