L’antitrust americano accende i riflettori su Microsoft: al via un’ampia indagine che mira a far luce su molte delle sue attività, dal cloud alle offerte per la cybersicurezza passando per i prodotti di intelligenza artificiale. L’inchiesta è stata approvata dalla numero uno della Federal Trade Commission Linda Khan, nonostante il suo probabile addio in gennaio con l’insediamento di Donald Trump. L’ipotesi più probabile è infatti che il presidente eletto si affidi a un repubblicano con un approccio meno duro contro le aziende, incluse quelle della Silicon Valley che non riscuotono ampi consensi né fra i conservatori né fra i democratici.
Focus su eventuali abusi negli accordi di licenza
L’indagine farebbe seguito a un anno di interviste e contatti con i rivali di Microsoft e i suoi partner commerciali, colloqui che si sono tradotti in una dettagliata richiesta di informazioni a Redmond da parte delle autorità antitrust. In particolare, la Federal Trade Commission sta esaminando se Microsoft ha abusato o meno della sua forza nel software per imporre accordi di licenza punitivi così da prevenire che i suoi clienti trasferissero i loro dati da Azure a servizi concorrenti.
Non è la prima volta che Microsoft finisce nel mirino dell’antitrust: già 25 anni fa infatti il governo le aveva fatto causa per il sistema operativo Windows cercando senza successo un suo spezzatino.
Google: fronti legali aperti in Canada e negli Usa
Ma Google è al centro dell’attenzione anche in Canada. L’ufficio per la concorrenza canadese ha infatti citato in giudizio la big tech per pratiche anticoncorrenziali nel mercato della pubblicità online, un’area che gli è già valsa cause legali in altri Paesi: lo ha annunciato l’organismo di vigilanza di Ottawa che, dopo un’indagine, ha concluso che il gruppo americano, il più grande fornitore di tecnologia pubblicitaria su Internet nel paese, ha abusato della sua posizione dominante adottando “comportamenti volti a garantire il mantenimento e il consolidamento del suo potere commerciale”.
Google costringe i suoi concorrenti “ad utilizzare i propri strumenti tecnologici pubblicitari” e “distorce il processo competitivo”, spiega l’ufficio della concorrenza in un comunicato. Da parte sua, il gruppo americano ha spiegato che la denuncia “non tiene conto della forte concorrenza in cui acquirenti e venditori di annunci pubblicitari hanno solo l’imbarazzo della scelta” e si è detto “pronto a perorare la propria causa davanti ai tribunali”.
Il Competition Bureau ha aperto un’indagine nel 2020 per verificare se il gigante dei motori di ricerca fosse coinvolto in pratiche anticoncorrenziali nel settore della pubblicità online e all’inizio di quest’anno ha ampliato l’indagine per includere i servizi pubblicitari di Google. Il gruppo californiano è attualmente davanti ai giudici degli Stati Uniti anche per abuso di posizione dominante nel settore in una causa intentata dal dipartimento di giustizia americano. Si tratta del secondo grande fronte legale negli Usa per il colosso tecnologico. In un altro processo, una giuria di un tribunale federale di Washington ha già ritenuto Google colpevole di pratiche anticoncorrenziali nella ricerca su Internet. Le pratiche pubblicitarie di Google sono oggetto di indagini o procedimenti anche nel Regno Unito e nell’Unione Europea.