Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha firmato e trasmesso alle Camere il decreto sulla golden power, che fa rientrare la rete di Telecom Italia tra gli asset strategici sui quali vigilerà il governo. Lo riferisce una fonte governativa a Reuters, ricordando che il provvedimento è un Dpcm, un decreto della presidenza del Consiglio. Il decreto estende i poteri speciali del governo anche alle reti di Terna e Snam, secondo la bozza circolata lo scorso 26 settembre.
Il provvedimento prevede che gli attivi di rilevanza strategica nel settore delle comunicazioni siano individuati nelle reti e negli impianti utilizzati per la fornitura dell’accesso agli utenti finali dei servizi rientranti negli obblighi del servizio universale. Sono inclusi tra gli asset strategici i collegamenti di polizia, carabinieri e guardia di finanza e la rete di accesso alla rete telefonica pubblica in postazione fissa anche nel caso di connessioni stabilite mediante servizi di accesso disaggregato all’ingrosso, condiviso o wrl, in rame e fibra. I poteri speciali del governo non si applichino alle operazioni infragruppo riguardanti fusioni, scissioni, incorporazioni o cessioni. Tuttavia, i limiti ai golden power non valgono in presenza di elementi informativi circa la minaccia di un grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.
L’esercizio dei poteri speciali potrebbe impattare sulle strategie di Telefonica. Come scrive Il Messaggero, nell’accordo tra Telefonica e i soci italiani di Telco (Generali, Mediobanca, Intesa Sanpaolo) del 24 settembre, che ha permesso agli spagnoli di salire al 66% della holding, sono previste mille strettoie e condizioni che potrebbero ritardare l’intera operazione e, al limite, anche farla saltare. Si tratta di un paracadute nei confronti del governo Letta nel caso in cui dovesse imporre, tramite la golden power in fase di varo, obblighi sulla rete, per esempio in termini di investimenti forzati.
“Nel caso in cui qualsiasi Autorità competente e/o Antirust, imponga, in relazione al secondo aumento di capitale riservato, restrizioni, limitazioni o altri provvedimenti, Telefonica avrà il diritto, a proprio insindacabile giudizio, di accettare tali restrizioni, limitazioni o altri provvedimenti ovvero di non procedere al secondo aumento di capitale”. L’art 2.1 lettera C del contratto riservato fra Madrid e i partner – spiega il quotidiano – contiene una delle prime exit strategy che Telefonica si è riservata.
Nel caso in cui gli spagnoli dovessero tirarsi fuori, se lo faranno prima dell’esercizio dell’opzione di scissione (1-15 giugno 2014, 1-15 febbraio 2015), “Telefonica dovrà corrispondere a ciascun beneficiario risultante da tale scissione un importo – a titolo di compensazione per la minore capitalizzazione di Telco – ottenuto moltiplicando 60 milioni per la percentuale di azioni di classe A detenute”.
La notizia ha messo in allerta la Consob che in una nota chiarisce che i patti tra Telefonica e i soci italiani di Telco ”sono di pubblico dominio, disponibili presso il registro delle imprese e, per estratto, sul sito della Consob”. L’estratto del patto, viene spiegato, è stato pubblicato l’1 ottobre nel rispetto del termine di cinque giorni dalla sua stipula.