Si discute molto sulla necessità di un piano Marshall per il settore delle Tlc europee. Ma quali erano state le sua caratteristiche nel passato? Il piano mirava a rilanciare l’economia europea, evitando il collasso economico del dopoguerra. Furono stanziati circa 13 miliardi di dollari (equivalenti a oltre 100 miliardi di dollari odierni) per la ricostruzione. I fondi furono utilizzati per infrastrutture, industria, agricoltura e stabilizzazione delle valute. Gli aiuti erano vincolati alla cooperazione tra i paesi beneficiari. Questo incentivò la creazione di strutture come l’Oece (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea), precursore dell’Ocse.Il piano fu attivo dal 1948 al 1952, periodo durante il quale i paesi beneficiari riportarono una crescita economica significativa. Il Piano Marshall promuoveva la collaborazione economica e politica tra gli stati europei, contribuendo alla formazione di quella che sarebbe diventata l’Unione europea ed il mercato unico europeo. Gli aiuti favorirono non solo la ripresa economica ma anche la modernizzazione industriale e lo sviluppo di infrastrutture chiave.
Il piano Marshall per le Tlc
Quindi, considerando lo stato attuale del settore delle telecomunicazioni in Italia ed Europa c’è molto bisogno di un piano Marshall 2.0.
C’è bisogno di obiettivi economici chiari: bisogna accelerare la trasformazione digitale ed i servizi mediante finanziamenti per le soluzioni di connettività attraverso l’inclusione nel sistema di tassonomia dell’Ue e favorire il consolidamento per ridurre la frammentazione e favorire economie di scala. Meno operatori, ma più solidi e con risorse per investire. Gli investimenti devono essere indirizzati sia allo sviluppo di servizi e use case sia nell’implementazione di infrastrutture di rete a banda larga sicure.
C’è bisogno di fondi ingenti e di durata adeguata: l’Europa non è più il motore di innovazione che ha segnato il progresso mondiale. Per riguadagnare la sua competitività economica, deve investire in reti sicure e padroneggiare l’intelligenza artificiale, il cloud i e, più in generale, diventare un luogo di attrazione per l’innovazione, incentivando gli investimenti in ricerca e sviluppo, dando vita al vero mercato unico dell’Ue e creando un ambiente commerciale più favorevole. La durata di questi investimenti deve essere adeguata per bilanciare le necessità di crescita con la spinta competitiva.
C’è bisogno di collaborazione, stabilità ed equità: è stato ampiamente dimostrato le imprese investono in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie più dei governi e del mondo accademico ma solo se valutano un ritorno economico attraverso la commercializzazione e l’immissione sul mercato delle loro nuove innovazioni. Nokia, ad esempio, spende ogni anno oltre 4 miliardi di euro in R&S e nel 2023 ha depositato brevetti per oltre 2.300 nuove invenzioni, con importanti progressi tecnologici nelle reti ottiche e nel 6G. L’Europa può e deve sostenere meglio i suoi creatori di tecnologia e di posti di lavoro iper-qualificati attraverso un approccio più unito e strategico alla regolamentazione, anche garantendo un’equa concessione di licenze sui brevetti per incoraggiare le imprese a investire e attraverso una più forte collaborazione pubblico-privato per indirizzare gli investimenti verso aree prioritarie
C’è bisogno di benefici strutturali e di sicurezza: dobbiamo garantire che nella rete, in tutte le sue parti, vengano utilizzate solo apparecchiature affidabili, non solo nelle reti 5G ma anche nelle reti fisse. L’Ue dovrebbe sostenere i suoi campioni dell’innovazione sulla scena internazionale, contestando le pratiche commerciali sleali e utilizzando gli strumenti commerciali, ove necessario, per livellare le condizioni di concorrenza.
Non abbiamo big tech? Non è dirimente
L’Europa può non avere le big tech, ma ha attori globali di primo piano nelle telecomunicazioni e in settori innovativi come l’aerospaziale, il farmaceutico, l’informatica, i macchinari per semiconduttori e le telecomunicazioni.
L’Italia, con il suo patrimonio di competenze tecnologiche e la presenza di vendor innovativi come Nokia, può giocare un ruolo chiave. La strada è complessa, ma con una visione strategica e una collaborazione efficace tra pubblico e privato – un piano Marshall appunto – il Vecchio Continente può riconquistare un ruolo da protagonista nell’era digitale.
Appuntamento a Telco per l’Italia il 12 dicembre
Per agenda e registrazione cliccare qui