La web tax estesa anche alle Pmi, senza limiti di fatturato, non farà parte della manovra finanziaria per il 2025, in esame in queste ore alla commissione Bilancio della Camera. L’emendamento per l’allargamento della platea delle aziende interessate dalla misura, infatti, è stato accantonato durante la seduta della Commissione Bilancio della Camera, proprio come era stato richiesto dai rappresentanti, all’interno della maggioranza, di Forza Italia.
La soddisfazione di Confimprenditori
“Accogliamo con grande soddisfazione la decisione della maggioranza di governo di non estendere la webtax alle piccole e medie imprese. Questa scelta rappresenta un importante segnale di attenzione verso le Pmi, le startup e la libera editoria”, afferma Stefano Ruvolo, presidente di Confimprenditori.
“Grazie all’intervento di Forza Italia, e in particolare del presidente Maurizio Gasparri -prosegue Ruvolo – è stato possibile evitare un provvedimento che avrebbe gravemente penalizzato le piccole imprese italiane, riducendo la loro capacità di innovare e competere in un mercato già estremamente complesso. Siamo anche certi che una tassa del genere non sarebbe mai stata pensata dalla Lega di Umberto Bossi, che una volta era il partito delle Pi. Adesso vigileremo affinché alle parole facciano seguito i fatti”.
Confimprenditori aveva dedicato uno studio agli effetti negativi dell’estensione della Web tax alle pmi, denunciando che avrebbe esposto al rischio di chiusura migliaia di aziende e startup, rilanciando anzi sulla proposta di aumentare la web tax per le big tech, portandola dal 3 al 5%.
Accantonata la proposta del Mef
L’idea degli uffici del ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, era quella di eliminare le soglie di fatturato sotto alle quali la web tax non è dovuta. Oggi, ad essere soggetti al pagamento della web tax con aliquota al 3% sono le imprese che realizzano ovunque nel mondo, singolarmente o congiuntamente a livello di gruppo, un ammontare complessivo di ricavi di almeno 750 milioni di euro a livello globale e che percepiscono un ammontare di ricavi da servizi digitali non inferiore 5,5 milioni in Italia. Eliminando entrambi questi tetti, l’imposta sarebbe di fatto stata estesa a tutti gli operatori del settore.
Gli allarmi e le preoccupazioni
Contro la proposta del Mef si era subito registrato un forte movimento di protesta nel mondo delle aziende. È il caso ad esempio di Netcomm, che ha parlato di una “Misura che rischia di impoverire l’Italia”, e di diversi player anche nel mondo dell’informazione, con Fieg ed Fnsi che hanno paventato i rischi per l’occupazione anche nell’editoria.
“Con l’estensione della platea dei contribuenti l’epilogo della web-tax è paradossale – denunciava l’associazione degli editori – si colpiscono tutte le imprese digitali italiane, sottoponendole ad una duplice tassazione e accentuando così la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo nei confronti dei colossi globali del web”.