Operatori wholesale e tower company a confronto nella prima tavola rotonda dell’edizione di fine anno di Telco per l’Italia. Il dibattito intorno al tema della connettività come asset della digitalizzazione ha portato alla luce i modelli di business innovativi che le aziende wholesale stanno attuando e che supportano l’innovazione delle telco come serviceco.
Di Labio, Kpmg: “Operatori wholesale modello di innovazione”
Gli operatori wholesale sono, infatti, quelli che più si sono trasformati negli ultimi anni passando da prodotti standard a soluzioni più complesse e questa trasformazione ha consentito l’adozione delle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale.
“Siamo passati da prodotti standard a soluzioni di piattaforma fino ad arrivare alla relazione col mercato guidata dalle Api”, ha affermato Davide Di Labio, Associate partner Tmt sector Principal Kpmg. “L’ecosistema si evolve con nuovi modelli di business su tre direttrici: le infrastrutture, che sempre più devono essere multi-tenant, le reti autonome, ovvero con una crescente componente Ai, e il marketplace, da cui nascono i nuovi paradigmi del network as a service e dell’Api economy”.
Proprio la Api economy è l’aspetto più interessante, secondo Di Labio: “Il marketplace è una piattaforma digitale che automatizza la compravendita di servizi e la comunicazione tra player tramite le Api, con maggiore modularità e personalizzazione, il che permette una grande specializzazione e capacità di soddisfare tutti i verticali di business”.
Grandi anche le potenzialità delle nuove reti basate sull’intelligenza artificiale, reti che possono diventare anche completamente autonome in tutti i loro aspetti, dalla progettazione al provisioning alla manutenzione. In una scala da zero a cinque, dove cinque rappresenta l’automazione totale, gli operatori oggi sono in media al livello due, soprattutto per la difficoltà culturale imposta dal cambiamento nella forza lavoro. C’è anche l’ostacolo di un ecosistema dove non tutti i player sono integrati in un processo completamente digitalizzato.
Ma la rete autonoma è un’evoluzione importante (dove, tra l’altro, la Cina si è messa all’avanguardia) perché abilita i nuovi paradigmi, e modelli di business, del network as a service e della connectivity as a service, che integra la connettività nelle applicazioni industriali.
“È la vera novità”, ha dichiarato Di Labio. “La sfida è commercializzare queste soluzioni e avere i marketplace funzionanti, con un ecosistema di sviluppatori per monetizzare le Api”.
Galli, Inwit: “Tower company al servizio delle esigenze delle telco”
Il modello di business che le tower company hanno saputo esprimere si è rivelato vincente grazie all’economia dello sharing: la condivisione delle torri che evita la duplicazione delle infrastrutture, con risparmio di capitale e più ritorno degli investimenti, ha sottolineato Diego Galli, Direttore generale Inwit. Altro aspetto vincente è la specializzazione. “Lo fa anche Inwit: ci concentriamo su una parte del processo. Si tratta di un modello che anche le telco potrebbero seguire, specializzandosi sui alcuni verticali”, ha affermato Galli.
Le società delle torri hanno anche un modello di ritorni di lungo periodo, sui 10-20 anni, che dà solidità, mentre le telco sono soggette al ciclo economico, e sono in grado di attrarre capitali più facilmente grazie ai nostri ritorni ricorrenti. “Perciò ci integriamo perfettamente con il modello delle telco come società dei servizi e portiamo loro efficienza, solidità, sostenibilità”, ha sottolineato Galli.
Galli ha citato anche le iniziative di Inwit in ambito smart city e smart rural: “Si tratta sempre di portare connettività in specifiche aree a servizio degli operatori, come abbiamo fatto per la nuova metro di Milano che arriva fino all’aeroporto ed è coperta dal 5G, e come stiamo facendo a Roma con i tanti progetti in vista del Giubileo”.
A fine ottobre Inwit ha acquisito il controllo esclusivo della società Smart City Roma che si è aggiudicata, alla fine dello scorso anno, la gara per la concessione del progetto Roma 5G. Galli ha preannunciato la copertura 5G di 7 stazioni della metro a Roma, ma anche la connettività per 100 piazze, con un forte dispiegamento di small cell per la copertura outdoor.
“Portiamo le nostre forze sul territorio e la nostra capacità di realizzare il progetto in coerenza con le esigenze degli operatori di tlc”, ha sottolineato Galli.
Gola, Open Fiber: “Copertura in fibra in dirittura d’arrivo. Serve il take-up”
Giuseppe Gola, amministratore delegato Open Fiber, ha fatto il punto sull’avanzamento dei lavori nelle aree bianche e grigie, assicurando che “Negli ultimi 12 mesi abbiamo rimesso a posto la macchina e realizzato una struttura operativa che sta accelerando nello sviluppo delle infrastrutture”. Sul progetto Bul per le aree bianche Gola ha detto che Open Fiber è “in dirittura di attivo”, col 93% del piano completato e alcune regioni già totalmente coperte, ovvero Molise, Umbria e Friuli Venezia Giulia. Il target è di chiudere 15 Regioni a metà 2025 e completare il piano a fine 2025.
“Il completamento di alcune Regioni è importante perché potremo spostare le risorse verso altre aree”, ha sottolineato Gola. “Poi, realizzata la copertura, si apre l’era del take-up: dobbiamo attrarre clienti per la banda ultra-larga”.
Le risorse liberate dal completamento del piano Bul potranno essere indirizzate verso il Piano Italia a 1 Giga dove “stiamo procedendo”, ha detto Gola: “Abbiamo una roadmap per recuperare i ritardi accumulati, rispetto al quale stiamo anche andando più veloci, per chiudere entro giugno 2026. Una data sfidante, ma su cui stiamo lavorando”.
Gola è intervenuto anche sullo scenario della rete, evolutosi dopo la vendita della rete da parte di Tim che ha dato vita alla nuova Fibercop. “Oggi Open Fiber e Fibercop coprono con la fibra il 60% delle unità immobiliari, con una sovrapposizione molto limitata delle due reti nelle aree nere”, ha detto Gola. “Siamo per lo più complementari e in questo scenario i due operatori wholesale possono concentrarsi sull’accelerare il livello di takeup, migrando i clienti dal rame alla fibra”.
Gola ha ricordato che il take-up in Italia è appena al 27% e, commentato lo studio I-Com – di cui ha riferito CorCom in anteprima ieri – sullo switch-off del rame, si è detto d’accordo con la previsione di uno spegnimento del rame che non potrà avvenire prima del 2036 ai ritmi attuali, benché l’obiettivo dell’Ue sia al 2030.
“Open Fiber sta facendo sforzo importante”, ha affermato Gola. “Il driver è la disponibilità di infrastrutture, ma c’è anche una questione di competizione e normativa di mercato. Il cambio di passo, però, è possibile. Noi di Open Fiber stiamo lanciando un progetto in 5 piccoli Comuni per fare lo switch-off del rame e dimostrare che lo spegnimento è possibile. Penso che Milano potrebbe diventare la prima metropoli europea totalmente copperless, ma abbiamo bisogno del sostegno del governo“.