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5G, il 2025 anno cruciale ma l’Europa riuscirà davvero a recuperare?



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Con le versioni Standalone e Advanced si apre la partita degli use case di nuova generazione. Ma bisogna semplificare le regole e puntare sul connubio pubblico-privato. La parola ai due big mondiali Ericsson e Nokia

Pubblicato il 12 dic 2024



Tavola 1105

Il 2025 sarà l’anno chiave del 5G. Si parla di un vero e proprio giro di boa, determinato dall’introduzione dei sistemi standalone e advanced (con la comparsa quindi dei primi veri servizi in grado di sfruttare velocità e latenza della connettività di quinta generazione), dai progetti sostenuti dal Pnrr in dirittura d’arrivo e dalle potenzialità dell’AI applicata alla user experience.

La domanda, però, resta: cosa occorre per imprimere la giusta accelerazione ai sistemi italiano ed europeo e aiutarli ad avere lo slancio necessario per rimettersi in sella a questa rivoluzione? Hanno provato a rispondere Stefano Grieco e Andrea Missori, che nel mercato tricolore ricoprono rispettivamente i ruoli di amministratore delegato di Nokia e di presidente e amministratore delegato di Ericsson. I due manager sono intervenuti all’edizione invernale del summit Telco per l’Italia, intitolata “Un piano Marshall per l’innovazione telco-digital”.

Grieco, Nokia: “L’innovazione? È sinonimo di sicurezza e coesione”

Quando si parla di innovazione di infrastrutture critiche, non si può prescindere dal tema della difesa del dato, a sua volta essenziale per tutelare servizi privati e pubblici di interesse nazionale. “La sicurezza quindi non è una scelta strategica, ma una responsabilità sociale”, ha esordito l’amministratore delegato di Nokia. “Dobbiamo quindi prendere atto che c’è un problema e soprattutto che dobbiamo affrontarlo in modo unitario. Sostenere e rendere sicuri i network 5G vuol dire anche prendere in considerazione la rete di trasporto con un approccio end-to-end”. Ed è qui che, secondo Grieco, si incontrano le difficoltà maggiori: “L’Europa anche in questo caso si muove in ordine sparso. Ogni paese dà una propria interpretazione sulle misure e sui tempi che occorrono per garantire la sicurezza delle reti”.

C’è poi il tema della creazione di piattaforme intrinsecamente sicure. “Per quando ci servono? Ne avremmo avuto bisogno da ieri, quindi è chiaro che la chiamata è per oggi. Vanno adottate soluzioni tecnologiche integrate che offrano protezione non tanto sui singoli algoritmi o su specifiche funzioni, ma che coprano un combinato disposto di processi per la sicurezza attraverso piattaforme multilayer fornite da vendor trusted”.

Tutto ciò è possibile solo se si punta sul connubio pubblico-privato. “Non c’è, da una parte e dall’altra, un soggetto che sia in grado di affrontare la questione da solo”, ha rimarcato Grieco. “Bisogna quindi dare spazio a partnership istituzionali, alla cui base ci devono essere la condivisione dei dati e soprattutto iniziative di standardizzazione, nell’ottica di costruire soluzioni interoperabili. Noi come vendor europei dobbiamo fare la nostra parte investendo in piattaforme tecnologiche e collaborando con centri di eccellenza e università, ma l’Unione europea deve fornire direttive chiare e tempistiche precise, così che anche gli stati membri possano prendere decisioni coerenti e ponderate”.

La coesione è fondamentale pure per armonizzare gli investimenti in innovazione. “Un ecosistema digitale europeo può nascere, come ci ha ricordato Mario Draghi nel suo report, solo se si lavora sull’intera catena del valore attraverso una revisione industriale coerente con le competenze e con le leadership tecnologiche di cui disponiamo”, ha aggiunto Grieco. “Non abbiamo le big tech, ma possiamo fare affidamento su società europee che sono campioni mondiali nei propri settori di appartenenza. Se l’Europa pensa che le reti di comunicazioni siano asset strategici, le le azioni da intraprendere sono necessariamente due: continuare o spingere sugli investimenti nei confronti di queste realtà e puntare con decisione sulla sicurezza”.

Missori, Ericsson: “Bisogna consolidare il mercato e armonizzare le regole”

Andrea Missori, presidente e amministratore delegato Ericsson, ha rimarcato che rispetto a questo scenario l’Europa è purtroppo in ritardo, e in realtà non ha ancora ben chiaro come muoversi per recuperare terreno rispetto a mercati che hanno già imboccato la via del 5G. “Siamo nell’ottica dell’anno che verrà: stiamo cercando di capire cosa potrebbe succedere qui di quel che è già successo in altre geografie, a partire da Usa, Cina, India, Canada e Singapore. La mia sensazione è che l’industria delle telco stia perdendo rapidità e capacità rispetto al passato recente: basti pensare che alla fine dell’anno, a livello globale, un utente mobile su quattro sarà connesso al 5G. Nel 2027 questo tipo di contratti sarà dominante e nel 2030 al 5G accederanno due utenti su tre. Si tratta di una velocità di adozione impressionante, ma se guardiamo ai numeri italiani vediamo una realtà ben diversa, visto che non ci sono ancora lanci di rete stand alone. È cosa nota, poi, che aziende come Ericsson e Nokia facciano più business fuori dall’Europa, dove lavoriamo a ritmi diversi rispetto al mercato comunitario. Il messaggio è che noi siamo pronti, visto che il 60% delle attività di ricerca e sviluppo avviene in Europa, ma serve più slancio per supportare l’innovazione diffusa”.

Eppure secondo Missori i casi d’uso da sviluppare non mancano. Al di là delle reti private sicure per le imprese e delle iniziative da implementare su verticali specifici, come quello dei trasporti, il 5G potrebbe risolvere molte delle criticità legate alla connettività in occasione dei grandi eventi: “Penso al Giubileo, alle Olimpiadi invernali, ma anche più banalmente all’estate, quando il nostro Paese accoglie milioni di turisti”, ha detto Missori, sottolineando che in tutti questi scenari bisogna cogliere “un nuovo paradigma nella capacità di trasferire gli asset delle telco a ott e sviluppatori, che possono utilizzare queste risorse in modo univoco, globale, trasversale”.

Detto ciò, cosa può e deve fare la nuova Commissione per spianare la strada verso questa prospettiva? “Le idee ci sono, e la buona notizia è che le telco sono centrali nell’agenda europea”, ha precisato Missori. “In primo luogo, occorre procedere con il consolidamento: non ci possono essere 300 operatori di servizi connettività europei se in India ce ne sono solo tre. E poi è necessario fare leva su progetti fondativi per la digitalizzazione dei verticali strategici: ferrovie, porti, manifatturiero, sono tutti settori che hanno bisogno di connettività ad alte prestazioni per sostenere la propria capacità innovativa. Servono quindi investimenti strategici e campioni locali pronti a rispondere nei loro territori. Ma non basta: è fondamentale anche armonizzare le regole a livello europeo e sviluppare la capacità di guardare alle diverse tecnologie disponibili, per imparare a usarle in modo anfibio, in funzione degli specifici casi d’uso”.

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