LA VISION

Hpe, Bassoli: “L’Italia deve puntare su reti, data center e AI”



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Secondo il presidente e amministratore delegato della filiale nazionale, gli Stati che investiranno in tecnologie, competenze e infrastrutture per l’high performance computing domineranno l’economia mondiale nei prossimi anni. “Il nostro Paese è all’avanguardia nel supercalcolo, ma bisogna fare sistema per attrarre capitali e portare imprese e PA a cogliere le nuove opportunità”

Pubblicato il 15 gen 2025




Reti, data center e intelligenza artificiale. È questo il trinomio al centro dell’equazione che spingerà lo sviluppo – digitale ma soprattutto economico – dei Paesi europei. Ne è convinto Claudio Bassoli, presidente e amministratore delegato di Hpe in Italia.

“Oggi gli Stati che hanno la capacità di investire nel supercalcolo – che non vuol dire solo aumentare la potenza delle macchine, ma anche creare algoritmi in grado di risolvere problemi complessi – sono quelli che domineranno l’economia mondiale nei prossimi anni”.

Basti a pensare a Elon Musk, di cui in questi giorni si fa un gran parlare: il patron di Tesla, SpaceX e Neuralink ha cominciato dieci anni fa a sviluppare i prodotti e i servizi di cui adesso nessuno sembra più poter fare a meno, a partire dalla tecnologia satellitare. “A cosa guardavamo noi, che pure potevamo contare su competenze comprovate nel settore aerospaziale? Ci è mancata la visione d’insieme, e ora scontiamo questo ritardo. Serve un nuovo spirito, e dobbiamo puntare sulle attività divulgative per spiegare a imprese a PA quanto sia importante comprendere il fenomeno che stiamo vivendo e le opportunità che abbiamo, per non farci sorpassare di nuovo”, ha detto Bassoli, parlando in occasione di un incontro con la stampa specializzata che si è tenuto ieri a Milano.

L’Italia all’avanguardia nel supercalcolo

L’Italia, secondo il manager di Hpe, è tra i Paesi in lizza per diventare protagonisti in questo nuovo scenario. Lo dimostrano gli investimenti in supercomputer sostenuti negli ultimi anni, con la creazione di centri di calcolo ad alte prestazioni, come HPC6 di Eni, al quinto posto della classifica mondiale e primo in Europa per potenza computazionale (478 exaflop), e Leonardo, al nono posto (241 exaflop) nel ranking assoluto. Per la parte infrastrutturale, il progetto di Eni ha fatto leva sulle soluzioni Hpe, come del resto i tre sistemi al vertice della top 500 globale: gli statunitensi El Capitan, Frontier e Aurora, con i loro, rispettivamente, 1742, 1353 e 1012 exaflop.

“Nel nostro Paese le competenze non mancano”, ha continuato Bassoli. “Per correre più velocemente, però, non bastano solo risorse maggiori: occorre soprattutto la capacità di fare sistema nell’attrarre i capitali che le multinazionali hanno comunque la necessità di investire, e mettere a terra progetti che promettano di valorizzare quel denaro. Anche perché se non lo prendiamo noi, finirà altrove”.

Le soluzioni per rendere performanti e sostenibili i data center

Nel frattempo, Hpe fa la sua parte, concentrandosi non solo su soluzioni più potenti, ma anche più sostenibili sotto il profilo energetico e più affidabili sul piano della compliance normativa. Forte di 300 brevetti nell’ambito del raffreddamento a liquido, il gruppo riesce a immettere sul mercato tutti gli elementi dell’infrastruttura su cui si regge un data center 100% fanless, ovvero privo di ventole per il raffrescamento ad aria. “Questo porta vantaggi enormi”, ha detto Bassoli. “Si va da una riduzione dei consumi energetici pari al 90% al dimezzamento dello spazio richiesto per installare le macchine. Ma abbiamo anche registrato diminuzioni del consumo energetico per la connettività di rete di almeno il 50%”.

Se prima queste soluzioni erano rivolte prevalentemente alla fascia più alta del mercato, quella dei supercomputer, ora l’offerta è disponibile anche sui computer general purpose.

“È quello che ci chiede il mercato”, ha rimarcato Bassoli. “Se torniamo indietro al 2014, quando abbiamo avviato i primi programmi dedicati all’AI, i clienti ci hanno fatto notare che i costi dei loro parchi data center erano ripartiti tra spese di gestione, che pesavano per l’80%, e investimenti per l’innovazione, pari al 20% del budget. La richiesta esplicita era di invertire le due variabili. Così abbiamo introdotto elementi di intelligenza artificiale per sviluppare applicativi di manutenzione predittiva in grado di ridurre drasticamente i fermi che incidevano sui costi di gestione. Lo stesso è stato fatto sul fronte delle reti, dove siamo riusciti nel giro di un decennio ad abbattere il tasso di disservizi del 70%, generando risparmi nell’ordine del 32%”.

Grazie alla tecnologia integrata attraverso una delle sue numerose acquisizioni effettuate negli ultimi anni, Hpe ha poi dato vita alle prime soluzioni che affrontano anche il tema del mantenimento del software, con sistemi smart di istanziazione delle applicazioni e dello storage. In questo modo l’ambiente IT “comprende” in modo autonomo come funzionano gli applicativi che ospita e li aiuta a trovare dati di cui hanno bisogno nel momento e nel luogo giusti, senza spostarli e soprattutto senza coinvolgere l’utente.

Connettività più intelligente (grazie a Juniper Networks)

Il terzo pilastro, come detto, è quello della connettività di rete. E anche in questo caso sarà un’acquisizione ad aiutare Hpe a riposizionarsi. Parliamo naturalmente dell’operazione da 14 miliardi di dollari, annunciata a gennaio 2024, attraverso cui Hewlett Packard Enterprise si fonderà con Juniper Networks. Dopo aver ottenuto il via libera dalla Commissione Europea, anche l’Autorità britannica per la concorrenza e i mercati ha dato disco verde. Il deal, che dovrebbe essere perfezionato nelle prossime settimane, attende ora solo l’approvazione del Department of Justice degli Stati Uniti per diventare definitivo. L’obiettivo dichiarato della fusione è quello di creare una realtà leader nel mercato delle soluzioni AI-native, capace di competere con i principali attori globali nel settore tecnologico.

“La sinergia con Juniper amplificherà ulteriormente le capacità dell’intelligenza artificiale non solo rispetto al WiFi e ai data center ma anche sul piano delle soluzioni per la connettività geografica”, ha detto Bassoli, che ha rimarcato l’esplosione della quantità di dati movimentata dai network oggigiorno. “Servono reti più potenti, in grado di far viaggiare in pochi istanti moli di informazione mai viste. Noi abbiamo già cominciato a potenziarle fornendo soluzioni che consentono di raggiungere velocità che vanno dai 200 ai 400 gigabit al secondo, e abbiamo annunciato, per le prossime settimane, un ulteriore balzo a 800 gigabit”.

All’aumento delle prestazioni, ovviamente, cresce anche la complessità, e Hpe intende agevolare i clienti in questo senso attraverso i managed services, facendo leva anche sui partner e potenziando il programma dedicato al canale. “L’offerta di Aruba Networks è parte integrante della nostra proposition, e punta da una parte a semplificare le operations, con strumenti per l’ottimizzazione e la redirection del traffico, dall’altra a garantire una migliore user experience, creando quindi valore aggiunto per gli utenti finali”.

L’asso nella manica di Hpe? La capacità di fare tutto questo “in modo rapido, efficiente ed efficace. Ci sono poche organizzazioni nel mondo – e ancora meno in Italia – in grado di mettere assieme gli ambienti e gli elementi necessari all’adozione di applicazioni AI based. Attraverso la partnership avviata nel 2024 con Nvidia e Deloitte, siamo ora in grado di implementare sistemi ad hoc, progettati insomma in funzione dei processi e delle applicazioni che devono supportare: soluzioni chiavi in mano, adatte anche alle imprese meno strutturate, che oggi possono superare le barriere all’ingresso del mercato dell’AI, abbattendo il capex e sfruttando la logica as-a-service per gestire meglio i propri workload”.

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