Fumata nera sul dossier Sparkle. È stata rinviata ancora la deadline per la decisione finale sull’offerta da 700 milioni presentata dal Ministero dell’Economia e da Retelit attraverso il fondo Asterion. In prima battuta fissata al 30 novembre la deadline è slittata già diverse volte ed è ora stata ricalendarizzata al 15 marzo.
Indice degli argomenti
La nota di Tim
“Tim comunica che il Consiglio di amministrazione ha accertato l’evoluzione positiva delle negoziazioni con Mef e Retelit relative all’offerta per Sparkle. La società ha concesso un’estensione fino al 15 marzo al fine di consentire la finalizzazione delle operazioni propedeutiche alla decisione finale sull’offerta”: questa la scarna nota di Tim a seguito del cda di ieri, 22 gennaio.
La vendita scavalla dopo la presentazione del piano industriale
“Evoluzione positiva” dunque anche se a quanto risulta l’Ad Pietro Labriola avrebbe preferito chiudere la partita Sparkle in tempi stretti per escludere la società dal perimetro del piano industriale atteso per il 13 febbraio. Stando a rumors di stampa è sul finanziamento bancario da 600 milioni che non si sarebbe ancora trovata la quadra. Nell’operazione il Mef dovrebbe essere in quota al 70%, il restante 30% al fondo Asterion
Fibercop, esce Ferraris
Forti “turbolenze” in casa Fibercop, la società figlia dello scorporo della rete e della vendita della stessa al fondo americano Kkr, in quota 37,8% – al 17,5% il fondo pensione canadese Canada Cppib, e un ulteriore 17,5% è in capo al fondo sovrano di Abu Dhabi, Adia: Il Ministero dell’Economia e Finanze detiene il 16%, all’11,2 il fondo F2i. Ad appena sei mesi dalla nomina esce di scena l’amministratore delegato Luigi Ferraris.
La nota di Fibercop
“FiberCop annuncia che il Consiglio di amministrazione, presieduto da Massimo Sarmi, ha deciso all’unanimità di accettare la proposta presentata da Luigi Ferraris di dimettersi dalla carica di amministratore delegato, con effetto immediato. Il Presidente gestirà la Società insieme ad una squadra manageriale collaudata ed esperta per continuare ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi strategici e operativi della società”, fa sapere la società in una nota.
I sindacati in allarme
“Le dimissioni sono un pessimo segnale. Ci pare evidente che, se i motivi sono effettivamente da ricercarsi in dissidi sulle prospettive aziendali con KKR, i rischi dell’operazione che abbiamo da sempre denunciato si stanno avverando in tempi brevissimi”. È quanto dichiarano il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e il segretario generale della Slc Cgil Riccardo Saccone. “Non vorremmo che stia prevalendo l’impostazione ‘minimalista’ del fondo ovvero concentrare tutti gli sforzi sulla stesura della fibra, diminuire il debito residuo e realizzare le condizioni per un’uscita profittevole dall’investimento nel più breve tempo possibile. Con buona pace di qualsiasi progetto di innovazione e implementazione dell’intelligenza della rete. Una buona notizia per Kkr e per i soci che subentreranno, ma una pessima notizia per l’occupazione e per il Paese”.
“Quello che non abbiamo mai avuto rispetto alla sostenibilità del progetto e alla sicurezza della difesa occupazionale dei lavoratori di FiberCop e di Tim”, sottolinea Uilcom. “Il 12 febbraio nell’incontro programmato con il Ministro Urso e la Ministra Calderone, come Uilcom chiederemo risposte a quelle domande (speriamo che rimangano tali) a cui questo Governo si è sottratto in tutto questo tempo”.
Il dossier rete unica, cantiere già da febbraio?
Kkr avrebbe manifestato la disponibilità a discutere con Open Fiber il progetto della rete unica nazionale. “Accogliamo positivamente le aperture di Kkr sulle trattative con Open Fiber, in linea con le recenti indiscrezioni di stampa sull’avvio, a partire dal mese di febbraio, di un cantiere per la rete unica, fortemente sostenuto dal Governo”, commentano gli analisti di Intermonte. “Questi sviluppi dovrebbero offrire maggiore visibilità sull’earnout negoziato tra Tim e Kkr, garantendo una finestra di quasi due anni per raggiungere un accordo. Un’intesa tra Fibercop e Open Fiber entro fine dicembre 2026 (permetterebbe a Tim di incassare un earnout fino a max 2,5 miliardi (75% delle sinergie industriali) da noi riflesso ad una probabilità del 40% nella nostra Sop (circa 5 centesimi per azione) che ci porta ad un TP di 38 centesimi/azione ordinaria. Una fusione limitata alle sole bianche e grigie non dovrebbe comportare issue antitrust, soprattutto se Macquarie sarà disponibile a rilevare le aree nere di Open Fiber”.
Regole stile Rab
“Con la costituzione di un operatore unico regolamentato non escludiamo la futura adozione di un regime regolatorio incentivante stile Rab”, continuano gli analisti di Intermonte. “Questo da un lato aumenta la possibilità di massimizzare l’earnout a favore di Tim, dall’altro potrebbe comportare un aumento delle tariffe wholesale, che verosimilmente gli operatori trasferirebbero ai clienti finali. Dall’altro, i maggiori ritorni sul capitale investito potrebbero preludere ad un significativo re-rating del multiplo valutativo (ci aspettiamo in area 15-20x Ebitda), rispetto al 9.9x riconosciuto da Kkr per NetCo (o 11.6x includendo interamente gli earnout futuri).