Il dibattito attuale sulle telecomunicazioni via satellite sembrano quasi suggerire che le tecnologie satellitari – in particolare i satelliti in orbita bassa Leo come quelli di Starkink – sostituiranno le tradizionali reti mobili, perché in grado di risolvere le sfide della connettività nelle aree remote o difficilmente accessibili e di garantire la banda larga globale. Tuttavia, come sottolinea un report di Strand Consult (“Will Leo satellite Direct-to-Cellular networks make traditional mobile networks obsolete?”), le reti satellitari come quelle gestite da Starlink offrono opportunità sì rivoluzionarie, ma difficilmente renderanno obsolete le reti mobili terrestri. Invece, queste tecnologie coesisteranno, ciascuna svolgendo ruoli distinti nell’ecosistema della comunicazione.
Lo studio si concentra sulle capacità e sfide delle reti Leo Direct-to-Cell (D2C), che portano il segnale satellitare direttamente agli smartphone comuni, e sostiene che esistono diversi ostacoli tecnici ed economici, nonché regolatori, alla possibilità che i satelliti Leo raggiungano la stessa qualità di servizio delle reti terrestri. Allo stato attuale della tecnologia, non possono reggere il confronto con il 4G e il 5G.
“La premessa secondo cui i servizi D2C satellitari Leo renderebbero le reti cellulari terrestri ridondanti ovunque offrendo la parità di servizio appare molto improbabile, e certamente non con l’attuale generazione di satelliti Leo in fase di lancio. L’altitudine dei satelliti Leo (300 – 1200 km) e le bande di frequenza utilizzate per la maggior parte dei servizi cellulari terrestri (da 600 MHz a 5 GHz) rendono molto difficile e persino poco pratico raggiungere la parità di qualità e capacità con le reti cellulari terrestri esistenti”, scrive Strand Consult.
Starlink e i satelliti Leo: confronto con le reti mobile
Tra gli ostacoli tecnologici che incontrano le reti satellitari Leo Direct-to-Cell, c’è innanzitutto il fatto che devono superare una sostanziale perdita di segnale nello spazio libero e garantire la connettività uplink da dispositivi mobili a bassa potenza con antenne omnidirezionali. Solitamente, infatti, ci si concentra sulla qualità del servizio dal satellite allo smartphone, ma esiste anche la comunicazione in senso opposto. I dispositivi cellulari trasmettono a bassa potenza (in genere 23-30 dBm), rendendo molto difficile per i segnali cellulari uplink raggiungere i satelliti in Leo a 300-1.200 km di altitudine, in particolare se il dispositivo cellulare è al chiuso.
Inoltre, i segnali di uplink provenienti da più dispositivi all’interno di un’area del raggio satellitare possono sovrapporsi, creando interferenze che mettono a dura prova la capacità del satellite di separare ed elaborare i singoli segnali di uplink.
I satelliti devono anche affrontare le limitazioni della larghezza di banda e riutilizzare in modo efficiente lo spettro riducendo al minimo le interferenze con le reti terrestri e satellitari.
La scalabilità a livello globale potrebbe richiedere che i satelliti trasportino diverse configurazioni di carico utile per soddisfare i requisiti di spettro regionali, aumentando la complessità tecnica e le spese di implementazione.
Ancora, operare su frequenze terrestri richiede la condivisione dinamica dello spettro e strategie di mitigazione delle interferenze, soprattutto nelle aree densamente popolate, limitando l’efficienza e la capacità di copertura.
“La fisica ci dice come un segnale perde la sua forza (o potenza) su una distanza pari al quadrato della distanza dalla sorgente del segnale stesso (il trasmettitore della stazione base o il dispositivo del consumatore). Ciò vale universalmente per tutte le onde elettromagnetiche che viaggiano nello spazio libero”, evidenzia Strand Consult. “La fisica ci dice anche come la forza di un segnale dipende dalla frequenza dell’onda elettromagnetica. Maggiore è la frequenza del segnale, maggiore è l’energia assorbita, dispersa o attenuata mentre si propaga nello spazio o in un mezzo. Ciò significa che all’aumentare della frequenza di un segnale, l’intensità del segnale diminuisce più rapidamente su una determinata distanza rispetto alle frequenze più basse, anche in condizioni ideali. Questa dipendenza è una proprietà fondamentale della propagazione delle onde elettromagnetiche e diventa sempre più significativa quando la frequenza operativa aumenta, come nelle bande delle onde millimetriche o dei terahertz”.
La comunicazione Direct-to-Cell è centrale
A livello di comunicazione downlink, lo studio osserva come un segnale cellulare terrestre copra tipicamente un raggio compreso tra 0,5 e 5 km; al contrario, un segnale satellitare Leo percorre una distanza considerevole per raggiungere la Terra (ad esempio, il satellite Starlink si trova a un’altitudine di 550 km). Mentre il segnale terrestre si propaga attraverso i numerosi ostacoli che incontra sul suo percorso terrestre, il percorso di propagazione del segnale satellitare sarebbe tipicamente simile allo spazio libero (cioè senza ostacoli) finché non penetra negli edifici o in altri oggetti per raggiungere i dispositivi dei consumatori.
A mo’ di esempio Strand Consult mette a confronto un sistema di antenna avanzata (AAS) terrestre 5G 3,5 GHz a 2,5 km da un ricevitore con un sistema satellitare Leo a 550 km di altitudine: la larghezza di banda disponibile è piccola e insufficiente per i servizi 5G all’avanguardia. Indipendentemente dalla frequenza, dobbiamo superare una differenza relativa di distanza al quadrato pari a quasi 50mila volte a favore del sistema terrestre. A parità di condizioni, la perdita di segnale sarebbe 50mila volte più debole di quella di un segnale terrestre alla stessa frequenza. Questo è, ovviamente, il motivo per cui le specifiche del sistema satellitare non sono uguali a quelle del sistema di comunicazione terrestre.
I tradizionali sistemi di comunicazione satellitare, come il servizio in banda Ku di Starlink per un’antenna parabolica terrestre, si basano in genere su eccellenti antenne terrestri posizionate all’esterno, ma lo studio di Strand Consult si concentra invece sulla comunicazione Direct-to-Cell, che deve fornire una qualità decente o buona direttamente dall’antenna satellitare Leo ai normali dispositivi cellulari non modificati dei consumatori (ad esempio, smartphone).
“Sulla base di semplici considerazioni e della fisica della propagazione delle onde elettromagnetiche, sembra irragionevole che un sistema di comunicazione satellitare Leo possa fornire servizi 5G alla pari con una rete cellulare terrestre a dispositivi consumer 5G non modificati senza modifiche molto aggressive ottimizzate via satellite. I requisiti del sistema satellitare per raggiungere la parità con un sistema di comunicazione terrestre sono poco pratici (ma non impossibili) e, se perseguiti, aumenterebbero significativamente la complessità e i costi di progettazione, rendendo probabilmente un tale sistema antieconomico”, si legge nello studio.
Inoltre, l’80% o più del nostro traffico cellulare mobile avviene all’interno delle nostre case, nei luoghi di lavoro, nei sistemi di trasporto sotterraneo e nei luoghi pubblici. Se un sistema satellitare dovesse sostituire i servizi di rete mobile esistenti, dovrebbe anche fornire una qualità di servizio simile a quella dei consumatori della rete cellulare terrestre. A seconda della densità abitativa, gli edifici possono bloccare il segnale satellitare, con conseguente sostanziale degrado del servizio per i consumatori.
Il nodo delle frequenze e le sfide normative
Ci sono anche ostacoli sul fronte normativo. L’integrazione dei servizi satellitari D2C negli ecosistemi mobili esistenti è complessa. La concessione delle licenze per lo spettro è una questione chiave, poiché gli operatori satellitari devono condividere le frequenze già assegnate agli operatori mobili terrestri o garantire lo spettro satellitare dedicato. Sarà necessario negoziare con gli operatori terrestri l’utilizzo delle frequenze autorizzate.
Anche evitare le interferenze tra le reti satellitari e terrestri richiede accordi dettagliati e tecniche avanzate di gestione dello spettro.
In Europa, in particolare, gli operatori satellitari devono muoversi in quadri normativi frammentati, dove i requisiti di licenza nazionali variano in modo significativo.
In generale, l’elevato onere amministrativo e operativo legato alla scalabilità globale diminuisce i benefici economici, in particolare nelle regioni in cui le reti terrestri già dominano.
I satelliti e le reti mobili sono complementari
Per questo, secondo Strand Consult, l’idea di reti satellitari compatibili con il Direct-to-Cell che rendano obsolete le reti cellulari terrestri è ambiziosa ma irta di limiti pratici. Sebbene i satelliti Leo offrano una portata senza precedenti in aree remote e poco servite, faticano a eguagliare la capacità, l’affidabilità e la bassa latenza delle reti terrestri nelle aree urbane e suburbane. Le stazioni base delle reti terrestri sono molto dense e permettono alle telco di gestire volumi di traffico molto maggiori, specialmente per le applicazioni data-intensive.
A meno che non emergano un’armonizzazione normativa globale o soluzioni tecniche innovative, le reti D2C rimarranno probabilmente una soluzione complementare e su scala ridotta, piuttosto che un sostituto autonomo delle reti mobili terrestri.
La sfida di Elon Musk
Eppure – complici l’esposizione politica e il battage mediatico – il servizio Sarlink sembra essere la panacea al digital divide e una promessa di banda ultralarga universale.
Tecnologicamente, tra i vari attori nel mercato dei satelliti in orbita terrestre bassa (Leo), Starlink di SpaceX di Elon Musk, è sicuramente superiore. In una rete di quasi 7.000 satelliti operativi, oltre 300 satelliti Gen2 dispongono di funzionalità Direct-to-Cell (D2C).
Nei piani di SpaceX ci sarebbero altri 30.000 satelliti Gen2, ma l’azienda non ha ufficialmente specificato la tempistica esatta per questa implementazione né quanto sia significativa la quota di satelliti compatibili con le comunicazioni D2C. Inoltre, ogni satellite ha una durata di vita di un po’ più di 5 anni, che richiederà una sostituzione quasi costante per mantenere la rete.
L’approccio normativo sullo spettro di SpaceX al di fuori degli Stati Uniti è stato criticato per non aver sempre aderito ai quadri di licenza locali (ad esempio, in India, Francia e Sud Africa). La sua dipendenza dallo spettro che i regolatori locali non hanno concesso ufficialmente può creare tensioni con i governi e i fornitori di telecomunicazioni locali. Pertanto, l’operatore satellitare dovrà come minimo collaborare localmente con gli operatori delle Tlc che detengono i diritti di utilizzo dello spettro cellulare di interesse.
Nonostante queste sfide, la strategia aggressiva e la tecnologia innovativa di Starlink l’hanno posizionata molto avanti rispetto a concorrenti come Kuiper di Amazon e OneWeb di Eutelsat. Ci sono altri concorrenti: AST SpaceMobile, che ha lanciato 5 satelliti per portare servizi 4G e 5G su scala globale e ha in piano il lancio di un totale di 243 satelliti; Geespace, parte di Geely Technology Group, che ha lanciato satelliti in Cina e ne ha in piano 72 e entro la fine dell’anno con capacità D2C; e la costellazione Qianfan (“Thousand Sails”), altra società cinese con già 54 satelliti e l’obiettivo di averne 15.000 nel 2030.