No allo scorporo e invito al governo a convocare Telefonica per “chiedere garanzie su investimenti sul futuro”, negoziando un aumento di capitale “tale da dare solidità all’azienda”, quantificato in 5 miliardi; aumento di capitale riservato a Cdp tramite F2i. Sono i tre pilastri per il futuro di Telecom Italia identificati nello studio della Slc Cgil “Scenari e prospettive del Gruppo Telecom Italia”.
Secondo la Slc, con il passaggio di mano del gruppo a Telefonica, torna prepotentemente in primo piano il tema spin off, su cui il sindacato è totalmente contrario perché – si legge nel report – “solo mantenendo insieme rete e la sua intelligenza si possono creare le premesse affinché l’Italia possa giocare un ruolo significativo”. Lo scorporo invece “aprirebbe la strada alla frammentazione dell’azienda” e a problemi che impatterebbero su tutto il mercato. Oggi infatti li operatori pagano a TI un “affitto” ma se in futuro dovessero avere convenienza ad abbassare le tariffe “la pressione sulla società sarebbe insopportabile”. precisa la Slc.
“Non si tratta – spiega il segretario nazionale della Slc Michele Azzola al Corriere delle Comunicazioni – di difendere l’italianità dell’azienda o utilizzare pretestuose minacce di pericoli per la sicurezza nazionale, argomenti utilizzati ad arte per sostenere la tesi dello scorporo della rete, ma di vincolare l’operazione a precisi impegni sugli investimenti e sul futuro dell’azienda.”
“A ciò si aggiunge la necessità di un intervento di ricapitalizzazione di Telecom, necessario per garantire gli investimenti e mettere in tranquillità la situazione finanziaria dell’azienda rispetto ai rischi di declassamento del debito, da realizzarsi attraverso la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti per superare l’anomalia italiana che vede lo Stato assente da un settore strategico le decisioni sul quale sono fondamentali per gli interessi del Paese.” “Mentre tutte le altre compagnie telefoniche – ricorda Azzola – vedono una partecipazione decisiva del pubblico nella compagine azionaria, l’Italia rischia di essere il secondo Paese, dopo la Grecia (lì Hellenica Telecom sotto il controllo di Deutsche Telekom ndr) in cui l’azienda è controllata da un diretto competitor.”
“Servirebbe – evidenzia Azzola – impegni e un aumento di capitale, ma solo per investimenti in banda larga e non per coprire il debito. Telecom ha una liquidità e un Editda che altre aziende si sognano”.