Il servizio internet è sempre più importante e pervasivo: persone e imprese in tutto il mondo accedono alla rete e chiedono continuità e affidabilità sempre maggiori. Il collegamento a internet e la internet economy sono riconosciuti nella loro centralità anche dai governi, in Italia e in Ue, e il nostro Paese può ricoprire un ruolo strategico come punto di approdo e partenza per le infrastrutture via cavo sottomarino e come hub per i punti di interscambio. Questa è la vision che viene illustrata da Maurizio Goretti, ceo di Namex, hub Internet di Roma e principale Ixp (Internet exchange point) dell’Italia centrale e meridionale.
D. Maurizio Goretti, quanto è centrale l’Italia nel panorama delle rotte internet sottomarine?
R. L’Italia ha una posizione geograficamente strategica: si allunga fino al Sud del Mediterraneo, a metà strada fra le economie dell’Europa ma anche vicina ai Paesi emergenti di Africa e Medio Oriente. Il nostro Paese è un punto naturale per svolgere il ruolo di hub del traffico internet aumentandone l’affidabilità per tutti. In passato l’Italia ha detenuto una forte leadership come sito di atterraggio dei cavi sottomarini in Sicilia; in seguito si è imposto l’approdo di Marsiglia nel percorso del traffico dei dati verso l’Asia, dal Canale di Suez a Singapore. Ovviamente l’hub francese è molto efficiente, ma, se dovesse verificarsi un disservizio a Marsiglia, l’impatto su internet intercontinentale sarebbe enorme, per cui affidarsi solo a questo punto è rischioso. Gli over the top, i content provider e le aziende tecnologiche in genere hanno più volte ribadito la necessità di ridondanza. L’Italia è la scelta naturale. Da noi, oltre alla Sicilia, c’è Genova, che appare un punto ideale come partenza dei cavi abbinato a Milano dove sono presenti i data center. Ma non basta: stare più a sud è importante per questioni di latenza ed è così che emersa la centralità di Roma come nodo intercontinentale. In quest’ottica, anche Bari ricopre un ruolo cruciale: la città è infatti uno dei principali punti di approdo dei cavi sottomarini che collegano l’Italia con il Medio Oriente e l’Asia e questo favorisce la creazione di un corridoio digitale nel sud Europa.
D. Ha citato la connessione tra cavi e data center: anche i governi stanno cogliendo la strategicità di queste infrastrutture? L’anno scorso è stata anche presentata una proposta di legge, a firma della deputata Giulia Pastorella, vicepresidente di Azione, che mira a fornire un inquadramento normativo del settore dei centri di elaborazione dati.
R. La proposta di legge ci sembra vada nella giusta direzione di facilitare la realizzazione di data center in Italia. Da gennaio è disponibile anche un codice Ateco dedicato. L’Italia è partita un po’ in ritardo sui data center, ma sta recuperando terreno: Aws prevede di investire 1,2 miliardi di euro nei prossimi cinque anni per implementare e ampliare l’infrastruttura e i servizi cloud in Italia e Microsoft ha promesso 4,3 miliardi di euro. A ciò andrebbe affiancata la politica industriale dei settori sia pubblico che privato per sviluppare le imprese adiacenti, ovvero quelle del software. Sarebbe anche importante che i singoli Paesi europei, come Francia e Italia, ma anche Spagna, Grecia e Germania, creino accordi e lavorino insieme sotto il cappello dell’Ue. La Commissione dovrebbe guidare le strategie per i cavi e questo darebbe a tutti i Paesi un ruolo importante.
D. I punti di interscambio (Ixp) quale ruolo hanno?
Hanno il ruolo essenziale di aggregatori, sono il punto in cui si concentrano le reti. La crescita di Namex ne è una dimostrazione diretta: negli ultimi cinque anni abbiamo registrato una crescita straordinaria, raggiungendo 260 reti connesse e un traffico dati che ha superato il Terabit, decuplicando i picchi precedenti. Gli Ixp sono importanti per far sì che un costruttore di cavi scelga un posto rispetto a un altro e, da questo punto di vista, Roma ha una forte attrattività. Namex è nata 30 anni fa nella Capitale e da qui ci siamo poi espansi in altre città strategiche del sud Italia. Un passo significativo è stato compiuto lo scorso anno con la partnership con Data for Med per potenziare l’Ixp di Napoli, rafforzando così l’infrastruttura di interscambio dati nel Sud Italia. Nel 2021 abbiamo inoltre inaugurato una sede a Bari, che è il nostro primo Ixp edge. L’Italia è il Paese delle pmi e Internet non fa differenza in questo. Ci sono moltissimi Isp medio-piccoli che grazie agli Ixp possono far crescere la loro rete e di conseguenza la loro dimensione aziendale. Agli occhi dei grandi content provider questa che noi chiamiamo ‘la lunga coda’, è ciò che interessa di più. Namex cerca di utilizzare i punti di interscambio per dare importanza all’Italia e ai Paesi in via di sviluppo in sinergia con le aziende dei cavi, dei data center e dei satelliti. Uno dei nostri punti di forza è che abbiamo una fitta rete di rapporti internazionali: siamo un consorzio di più di 200 soggetti con percentuali di proprietà uguale per tutti e siamo senza fini di lucro, per cui i profitti vengono reinvestiti nella rete internazionale di contatti.
D. Ha nominato i satelliti: oggi si parla molto di satelliti Leo come tecnologia che può portare rapidamente la banda ultra larga nelle aree remote italiane, accelerando il Piano Italia a 1 Giga per le aree bianche. Lei che cosa ne pensa? I satelliti sono un’alternativa?
R. Sui satelliti Leo c’è una scelta di natura politica. Dobbiamo decidere se internet passa su un’infrastruttura pubblica o no. Oggi si tende a pensare che sia meglio che le strade di internet siano pubbliche, perché così è il governo che decide l’eventuale pedaggio. I Leo sono una grande promessa, perché offrono discrete bande e latenze e installarli è semplice, ma non sono una tecnologia che ci appartiene come Italia ed Europa. Per me è importante l’aspetto della nazionalità ma riconosco la validità della tecnologia: il Piano a 1 Giga sulle aree bianche potrebbe beneficiarne moltissimo. Se io fossi il decisore politico italiano o europeo, userei i satelliti, senza demonizzarli, ma continuerei a finanziare la copertura con infrastrutture che rimangono pubbliche. I Leo non devono essere la scusa per non fare le infrastrutture in fibra o in ponte radio.
D. Un’altra tecnologia di cui si parla oggi è l’intelligenza artificiale generativa. Impatterà sulle infrastrutture internet?
R. Sì, perché l’Ai generativa comporta un nuovo modo di far fluire i dati, una distribuzione del traffico che si sposta sull’edge, visto che tutti potenzialmente accediamo ad applicazioni di GenAi generando traffico ai bordi della rete. Anche per questo abbiamo stretto l’anno scorso un accordo con Open Fiber per un servizio di connettività focalizzato sull’interconnessione edge tra operatori, in modo da essere là dove si genera il traffico. Gli Ixp, infatti, non gestiscono il traffico del singolo operatore, ma quello che si sposta da un operatore all’altro e questo traffico tenderà a essere sempre più in periferia: ciò rende l’Ai una delle sfide del futuro che ci sta portando ad aprire sempre più punti di interscambio locali. L’interconnessione edge tra operatori è un elemento chiave per accelerare l’adozione delle tecnologie emergenti e per garantire servizi di qualità superiore a tutti i nostri clienti.