Insistere sulla creazione di un regime fiscale unico in Europa. Lo chiede al governo Giorgio Rapari, presidente di Assintel, in vista del Consiglio europeo di fine ottobre.
Presidente lo chiede in funzione anti-Ott questo regime fiscale unico?
Guardi non si può negare che c’è qualche furbetto che si approfitta di un sistema “lasco”, spesso basato su scatole cinesi che permettono di bypassare i regimi nazionali. E non si può negare nemmeno che questo rappresenti un vantaggio competitivo per le big company, non solo extraeuropee, e uno svantaggio soprattutto per quelle più piccole. Detto questo, senza arrivare a rimedi “anti”, è assolutamente necessario superare la frammentazione normativa nel fisco per dare a tutti regole comuni, a garanzia delle concorrenza e degli investimenti. L’armonizzazione fiscale è il cardine delle politiche di rilancio del digitale.
A proposito di rilancio, sul fronte piccole e medie imprese il commissario Ue per l’Agenda digitale Neelie Kroes sta sponsorizzando i voucher fino a 10mila euro per sostenerne la crescita. Crede che sia uno strumento utile?
Mi paiono una buona idea. Anche se sarebbero ancora più efficaci se l’erogazione dei fondi avvenisse direttamente da Bruxelles e la rendicontazione delle attività venisse inviata dalle imprese direttamente alla Commissione. Tutto questo per snellire la burocrazia, che soprattutto in Italia è uno dei fardelli che frena l’innovazione. Ma i voucher digitali non possono bastare a ridare ossigeno e – io aggiungo – speranza alle piccole e medie imprese italiane che sono il fulcro del sistema produttivo italiano.
A suo avviso cosa dovrebbe fare il governo per sostenere le Pmi digitali?
Prima di tutto “frantumare” il cuneo fiscale per abbassare il costo del lavoro e garantire una maggiore flessibilità del mercato del lavoro.
Il governo andrà a Bruxelles con in mano la nuova strategie sull’Agenda digitale battezzata da Francesco Caio: avanti tutta su anagrafe, identità digitale e fatturazione elettronica. La convince questa scelta?
Dal punto di vista teorico mi pare un scelta sensata quella di dirottare investimenti ed energie su progetti abilitanti all’innovazione. Così come va più che bene – finalmente – impegnarsi a razionalizzazione i data center pubblici, visto che non si fa innovazione con centri dati pensati un’altra epoca. Quello che mi preoccupa è la reale capacità di portare a termine queste iniziative. Non vorrei che accadesse quello che è già successo con i decreti attuativi del decreto Crescita 2.0 che ancora aspettano di vedere la luce. Allora io dico: facciamo in modo di varare quei decreti e intanto seguiamo anche la strada delineata da Caio. E con un obiettivo preciso in testa.
Quale sarebbe?
Iniziative di innovazione di sistema e di servizio devono essere funzionali alla creazione di una sola porta di accesso alla PA, che per le imprese potrebbe essere il sistema camerale e per i cittadini le Regioni. L’innovazione deve dare la stura alla semplificazione altrimenti è solo tecnologia fine a sé stessa.