Condanna per il faccendiere Gennaro Mokbe (15 anni) ed il suo entourage di 17 persone tra cui la moglie Giorgia Ricci (8 anni), lo zio di quest’ultima Antonio Ricci (6 anni e mezzo), l’ufficiale della Guardia di Finanza Luca Berriola (7 anni), ma assoluzione per altre 7 persone tra cui due imputati “eccellenti”, da accusati diventati vittime innocenti di una macchina giudiziaria che ha triturato le loro vite ma anche creato non pochi problemi alle aziende in cui lavoravano: Silvio Scaglia, fondatore di Fastweb e, tre anni fa all’epoca delle contestazioni, amministratore delegato della società; Stefano Mazzitelli, amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle da cui poi si dimise dopo l’arresto.
È questa la sentenza emessa questa sera dai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Roma al processo per le cosiddette “frodi carosello”.
Secondo le accuse del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dei sostituti Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti, che hanno firmato l’ordinanza di arresto per gli imputati, la truffa consisteva nel creare “ingenti poste passive di bilancio dovute alle apparenti uscite di centinaia di milioni di euro in favore di società ‘cartiere’. Le ingenti somme di denaro apparentemente spese per pagare l’Iva in favore delle ‘cartiere’ consentivano a Fastweb e Tis di realizzare fondi neri per enormi valori”. Un movimento che però, secondo gli inquirenti “serviva solo a utilizzare liberamente il denaro incassato attraverso il pagamento dell’Iva versata dai clienti di Fastweb e Telecom Italia Sparkle e che non era mai stato versato all’erario”.
La truffa è stata dimostrata ma non le accuse contro gli amministratori di Fastweb e Telecom Italia Sparkle che il Tribunale ha ritenuto estranei ai fatti.
” È finito un incubo”. Così Scaglia ha commentato la sentenza. “È finito un incubo – è l’espressione usata anche da Mazzitelli – Avevo smesso di credere nella giustizia. Ma adesso qualcuno dovrà riflettere su quanto avvenuto e sul carcere che abbiamo dovuto patire per questa vicenda.
“La sentenza, confermando l’assoluta infondatezza delle accuse mosse nel 2010 nei confronti di Fastweb, non fa che prendere atto di quanto sostenuto in tutti questi anni dai vertici societari in ordine all’assoluta correttezza dell’attività della società e degli organi che la rappresentano”, commenta un comunicato dell’azienda.
Fastweb accoglie con orgoglio e soddisfazione la sentenza. “La sentenza, oltre a porre fine a una vicenda che ha sconvolto la vita di queste persone, riconosce la correttezza di quanto sostenuto da Fastweb sin dalle prime indagini, ossia che la società è stata vittima di una frode fiscale – spiega una nota – E’ stato infatti dimostrato che Fastweb ha sempre correttamente corrisposto l’Iva dovuta ed una associazione criminale, attraverso l’uso fraudolento di complesse transazioni, si è appropriata di questi soldi”.
“La decisione sgretola le ipotesi accusatorie che hanno determinato, tra l’altro, la lunga privazione della libertà degli imputati ieri riconosciuti innocenti, danneggiato il nome e l’attività della Società – prosegue la nota – mettendone a rischio la stessa sopravvivenza e il lavoro di migliaia di persone, con la minaccia di commissariamento “preventivo”, evitato solo con le generose dimissioni di Stefano Parisi da amministratore delegato”.
“La sentenza conferma e rafforza la fiducia che Fastweb ha sempre avuto nella giustizia – conclude – ma non riesce a cancellare il peso dei gravi danni subiti in conseguenza della scelta di portare sul banco degli imputati le vittime del reato”