I data center sostenibili sono sempre più al centro dell’attenzione: nel pieno di una nuova ondata espansiva dell’intelligenza artificiale e dei servizi cloud, la questione dell’impatto ambientale del digitale torna infatti al centro dell’agenda globale. I data center, oggi cuore pulsante dell’economia immateriale, sono anche tra le infrastrutture più energivore. Secondo le proiezioni, entro il 2030 potrebbero assorbire fino all’8% della domanda globale di elettricità. In questo contesto, cresce la pressione sulle Big Tech per trovare soluzioni innovative che rendano più sostenibile la potenza di calcolo necessaria all’AI, alla connettività e alla trasformazione digitale
È in questo scenario che si inserisce la nuova mossa di Google, che ha firmato un Power Purchase Agreement (Ppa) per acquistare 10 megawatt di energia geotermica in Taiwan, in collaborazione con il fornitore Star Energy. L’obiettivo è duplice: da un lato, contribuire alla decarbonizzazione delle operazioni dell’azienda nell’isola. Dall’altro supportare attivamente la rete elettrica locale, ancora fortemente dipendente dal carbone e soggetta a problemi di stabilità. L’accordo rappresenta il primo impegno di Google in Asia sul fronte del geotermico e si configura come un modello replicabile anche in altri mercati emergenti.
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Taiwan, AI e rischio blackout: una scelta strategica
Il caso taiwanese è emblematico. Come ha dichiarato il team di Google, “questo PPA segna un passo importante verso l’obiettivo globale di Google di alimentare le sue attività con energia carbon-free, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, entro il 2030”. Ma non si tratta solo di sostenibilità aziendale e di spinta ai data center sostenibili. Taiwan è oggi un hub cruciale per la supply chain tecnologica globale, con colossi come Tsmc che operano in ambienti a elevatissima densità energetica.
L’adozione di fonti rinnovabili come il geotermico – continua Google – “non solo riduce le emissioni, ma contribuisce anche a stabilizzare il mix energetico nazionale, migliorando la resilienza complessiva del sistema”. In altre parole, l’investimento non riguarda solo l’alimentazione dei data center di Google, ma punta a rafforzare l’equilibrio di un’intera infrastruttura critica. Questo aspetto è sempre più centrale: i data center stanno diventando parte integrante del sistema energetico. Non si può infatti più considerare il consumo dei data center come una variabile esterna: va integrato nella progettazione delle reti, dei piani industriali e delle politiche di sicurezza nazionale.
Il paradosso energetico dell’AI
Il tempismo dell’annuncio non è casuale. Il boom dei modelli linguistici, dell’AI generativa e delle piattaforme cloud ha fatto esplodere la domanda di potenza computazionale: una singola richiesta a un modello di AI può consumare fino a cinque volte l’energia necessaria per una classica ricerca web. È il paradosso energetico dell’intelligenza artificiale: più potenza, più innovazione, ma anche più energia. E le aziende sono chiamate a scegliere se rispondere con efficienza o con espansione incontrollata. In questo senso, gli investimenti in fonti rinnovabili non sono solo un gesto green, ma una condizione necessaria per mantenere in equilibrio la crescita tecnologica.
Google ha già all’attivo più di 80 progetti di energia rinnovabile in tutto il mondo. Ma la scelta del geotermico, meno volatile rispetto a solare ed eolico, indica una ricerca di stabilità che guarda al lungo termine, anche in chiave infrastrutturale.
Raffreddamento avanzato e intelligenza energetica nei data center sostenibili
Oltre alla produzione di energia, i data center del futuro dovranno essere progettati per consumarne meno. I nuovi trend parlano chiaro: si va verso architetture “intelligenti”, dotate di raffreddamento liquido ad alta efficienza, moduli fotonici e sistemi di monitoraggio termico avanzato. E l’intelligenza artificiale stessa sarà parte della soluzione, ottimizzando in tempo reale la distribuzione dei carichi e la ventilazione.
Ma serve anche una visione di sistema. Come ha evidenziato la European Green Digital Coalition, la digitalizzazione sostenibile richiede collaborazione tra provider, governi e utilities, e non può essere affidata solo all’autoregolazione delle big tech. Il modello taiwanese, in questo senso, potrebbe diventare una best practice per le aree dove l’equilibrio tra potenza, sicurezza e sostenibilità è ancora fragile.