IL CASO

Content delivery network, telco e big tech in trincea



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A valle della consultazione sulla proposta Agcom che punta ad estendere l’obbligo di autorizzazione generale a tutti i gestori di Cdn, Asstel rilancia: “Approccio proporzionato e utile anche ai fini dell’applicazione del Digital Service Act”. Ma gli Ott temono che le nuove regole possano diventare un cavallo di Troia per il fair share. Ecco cosa succederebbe con le nuove regole

Pubblicato il 17 apr 2025

Federica Meta

Direttrice



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Si inasprisce lo scontro telco-Ott in Italia. Al centro la consultazione pubblica di Agcom che mira a valutare le condizioni di applicabilità del regime di autorizzazione generale previsto dal Codice delle comunicazioni elettroniche ai content delivery network, le infrastrutture per la distribuzione dei contenuti via Internet.

Se da una parte le telco vedono nella proposta coerenza con quanto previsto dal Codice, le big tech temono che questa possa diventare un “cavallo di Troia” per il fair share.

Il caso partito dallo streaming della serie A

L’approfondimento, spiega Agcom in una nota, “trae origine dal posizionamento dell’Autorità adottato con l’atto di indirizzo per il corretto dimensionamento e la dislocazione geografica della rete di distribuzione delle partite di calcio di Serie A per le stagioni 2021-2024 in live streaming (delibera n. 206/21/CONS), e dalle successive attività di vigilanza e di confronto con il mercato”.

Asstel: “Bene la proposta Agcom”

Nell’ambito della consultazione Asstel sottolinea come la proposta di Agcom sia coerente con quanto previsto dal Codice delle Comunicazioni.

“L’evoluzione della rete di telecomunicazioni verso una piattaforma trasmissiva in grado di supportare tanto le comunicazioni interpersonali che lo scambio di contenuti digitali di varia natura ha profondamente modificato la stessa architettura di rete, che si è arricchita di elementi specializzati nella gestione delle cache necessari a sostenere l’enorme aumento di contenuti ad alti volumi di traffico. In questo scenario, i Content Delivery Network provider (Cdn) hanno acquisito maggiore importanza di intermediario nella gestione dei contenuti. Pertanto, appare coerente il loro inquadramento tra gli elementi di rete e, quindi, ricomprenderli nella disciplina del Codice delle Comunicazioni Elettroniche”, commenta l’associaizone.

“La riflessione di Agcom – spiega Asstel – parte dall’esperienza effettuata nell’accompagnare l’ingresso di Dazn nel mercato nazionale dei contenuti on line, che ha consentito alla stessa Autorità di aver una visibilità completa sulle complesse dinamiche di interazione tra reti di comunicazioni elettroniche tradizionali e reti a supporto della trasmissione dei contenuti live, tipicamente strutturate proprio sulla presenza di Cdn”.

In attesa di capire quali saranno gli sviluppi del quadro regolamentare in base alle proposte che la Commissione europea formulerà con l’avvio dell’iter del Digital Network Act, l’impostazione di Agcom (coordinatore dei servizi digitali, pertanto chiamata ad applicare e vigilare sull’applicazione del Dsa) “suggerisce – evidenzia Asstel – una prima risposta, coerente con il vigente quadro regolamentare di settore, all’istanza di parità di condizioni regolamentari tra gli attori dell’ecosistema digitale e di eliminazione delle asimmetrie, in linea con gli obiettivi indicati dal Libro Bianco della Commissione Europea per rispondere alle esigenze di infrastrutture digitali in Europa”.

“La misura scelta dall’Autorità per includere le Cdn nell’ambito della disciplina del Codice delle Comunicazione Elettroniche risponde ad un approccio proporzionato e identifica un requisito minimale utile anche ai fini dell’ottimale applicazione nell’ordinamento nazionale del Digital Service Act, conclude.

Le posizioni degli Ott

Di tutt’altra opinione le big tech, secondo cui l’iniziativa potrebbe aprire le porte all’obbligo di accordi commerciali con gli operatori di rete: un passo, questo, che potrebbe spianare la strada al fai share, il contributo che Google & co dovrebbero pagare per sostenere gli invebstimenti sulle reti.

Cosa succederebbe con le nuove regole

Se Agcom dovesse decidere di inserire anche i Cdn nel regime di autorizzazione previsto dal Codice delle Comunicazioni, ancge le big tech sarebbero sottoposte ai seguenti obblighi:

  • Obblighi operativi: trasparenza e interoperabilità con le reti degli operatori, obblighi di sicurezza delle reti, eventuali obblighi in materia di neutralità della rete.
  • Obblighi amministrativi: notifica di inizio attività all’Agcom, iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione, rispetto di specifici requisiti normativi.
  • Obblighi contributivi: contributo annuale all’Agcom, proporzionale al fatturato rilevante in Italia, e possibili altri oneri.

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