Nel cuore della transizione digitale globale, un tema emerge con forza crescente: come alimentare in modo sostenibile e affidabile l’infrastruttura critica che sostiene il cloud, l’AI e i servizi digitali? È in questo contesto che si inserisce la nuova traiettoria strategica del settore data center statunitense: il ricorso all’energia nucleare, in particolare quella di nuova generazione.
Secondo un nuovo studio condotto da Deloitte, dal titolo “Nuclear Energy: Powering the Future of Data Centers”, la nuova capacità nucleare che sarà installata negli Stati Uniti da qui al 2033 potrebbe soddisfare fino al 10% del fabbisogno energetico totale dei data center. Una proiezione che, come sottolinea anche un approfondimento pubblicato da Data Center Dynamics, apre scenari inediti su scala infrastrutturale e geopolitica.
Il dato è significativo se si considera che la domanda energetica dei data center è destinata ad aumentare in modo esponenziale, spinta dall’adozione massiva di tecnologie ad alto consumo computazionale, come l’intelligenza artificiale generativa, il cloud distribuito e i sistemi di edge computing.
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Smr, l’energia nucleare flessibile al servizio del digitale
La chiave di volta di questo cambiamento è rappresentata dagli Smr (Small Modular Reactors), reattori nucleari compatti e modulari, pensati per una produzione energetica decentralizzata, sicura e più facilmente integrabile rispetto agli impianti tradizionali.
Il report Deloitte evidenzia come gli Smr siano perfettamente allineati alle esigenze energetiche dei data center, offrendo continuità, prevedibilità e zero emissioni dirette di anidride carbonica, tre fattori chiave per sostenere gli obiettivi Esg delle big tech e delle aziende hyperscaler.
In particolare, si stima che nei prossimi 10 anni gli Stati Uniti metteranno in funzione una nuova capacità nucleare compresa tra 3,5 e 8,5 Gw, una quota significativa che potrà essere destinata anche al settore digitale. “La localizzazione modulare dei reattori consente di posizionarli in prossimità delle grandi server farm, riducendo il bisogno di lunghe infrastrutture di trasporto dell’energia”, si legge nel rapporto.
Un’opportunità strategica per l’intero ecosistema
Oltre alla sostenibilità, la spinta verso il nucleare si lega a considerazioni di sicurezza energetica e riduzione della dipendenza da fonti intermittenti. I data center, in quanto infrastrutture critiche, richiedono un’alimentazione continua e a prova di interruzione, esigenza che le fonti rinnovabili, pur essendo fondamentali nel mix energetico, non possono sempre garantire da sole. Come sottolinea Scott Smith, leader della divisione Energy & Chemicals di Deloitte: “Il settore dei data center ha bisogno di soluzioni energetiche affidabili, scalabili e decarbonizzate. L’energia nucleare, specialmente nella sua forma modulare, rappresenta una delle risposte più promettenti a questa sfida”.
Anche i fornitori di servizi cloud e colossi tecnologici come Amazon, Google e Microsoft stanno valutando l’integrazione di capacità nucleare nei propri piani di sostenibilità a lungo termine, attraverso accordi Ppa (Power Purchase Agreement) o investimenti diretti in impianti Smr.
Regolazione, accettabilità e sviluppo tecnologico
Naturalmente, il percorso non è privo di ostacoli. Tra le principali criticità individuate da Deloitte figurano le barriere regolatorie, i tempi di approvazione dei nuovi impianti e la resistenza dell’opinione pubblica nei confronti dell’energia nucleare, nonostante i notevoli progressi in termini di sicurezza e riduzione dei rischi.
Ciononostante, il rapporto suggerisce che un’accelerazione dei processi autorizzativi, unita a partnership pubblico-private e all’adozione di framework normativi snelli e trasparenti, potrebbe consentire al nucleare di consolidarsi come asse strategico per la transizione energetica digitale.
Un’opzione anche per l’Europa?
Sebbene lo studio si concentri sul contesto statunitense, è evidente che la questione ha una valenza globale, soprattutto alla luce della crescente pressione sui consumi dei data center anche in Europa. Secondo le stime dell’Ue, entro il 2030 i data center europei potrebbero assorbire fino al 3,2% della domanda elettrica totale, un trend che rende urgente valutare opzioni di alimentazione stabili e carbon-free.
In questo contesto, Paesi come Francia, Regno Unito e Finlandia, già dotati di un forte parco nucleare, potrebbero essere avvantaggiati. Per l’Italia, che ha scelto di abbandonare l’energia nucleare, il dibattito è ancora aperto ma sempre più pressante, alla luce degli obiettivi del Green Deal e della crescita esponenziale dell’economia dei dati.