Doveva essere il Consiglio europeo dell’e-economy, il primo della storia in larga parte consacrato ai nodi del digitale. E invece la cronaca della giornata segnala impietosamente come saranno ben altri e ben diversi i dossier discussi dai capi di stato Ue nel corso dei round negoziali spalmati tra stasera e domani. E’ l’attualità bellezza. Tanto da aver stravolto radicalmente l’agenda del vertice. A contendersi la visibilità saranno il Datagate, pompato dalle rivelazioni bomba sulle intercettazioni dell’NSA in cui sarebbe incappata Angela Merkel, e l’immigrazione sull’onda dei drammatici fatti di Lampedusa. Per il pacchetto “Connected Europe” sul mercato unico delle tlc, che doveva essere il grande protagonista di questi due giorni, la strada si fa dunque tutta in salita.
Il rischio concreto è che venga “congelato”, con il rinvio di una discussione più approfondita a tempi meno burrascosi. E questo nonostante in mattinata il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso avesse rivolto un ulteriore appello ai capi di stato a prendere una rapida decisione in favore dell’adozione del piano Kroes e della torma di proposte legislative sul digitale inizialmente all’ordine del giorno del meeting. “Vorrei oggi dai Capi di Stato e di Governo un chiaro impegno ad adottare le legislazioni chiave su telecomunicazioni, banda larga, pagamenti online e protezione dei dati se possibile prima dello stop per le elezioni europee di maggio”, ha dichiarato il presidente dell’esecutivo di Bruxelles.
Parole che, a quanto pare, precipiteranno nel vuoto. Nonostante la bozza di accordo del Consiglio circolata nel pomeriggio di ieri contenga un esplicito invito ad adottare le regole sul mercato unico delle tlc “in maniera tempestiva”, gli ultimissimi incontri tecnici tra gli sherpa degli stati membri hanno svelato la persistenza di forti disaccordi.
Il fronte degli scettici sul pacchetto, capitanato dalla Francia, ma non disdegnato neppure da Germania e Regno Unito, non sembra voler intendere ragione. L’Italia, che caldeggia fortemente il piano, sembra sempre più isolata tra i grandi stati membri. E secondo le ultime voci è ormai probabile che, considerata la complessità del pacchetto e le oggettive difficoltà procedurali ad adottarlo entro la fine della legislatura, le capitali europee opteranno per un compromesso “à la brussellese”: un sostegno di principio al regolamento, ma lasciando intendere che non sperano molto nella sua approvazione o che conviene riparlarne più avanti. Il punto è se avranno davvero il tempo di parlarne in questa due giorni negoziale in tutta evidenza dominata dall’ultima coda dello scandalo Prism.
Il nodo “data protection” era in effetti già in agenda, ma a furor di popolo le cancellerie hanno chiesto e ottenuto di catapultarlo al primo punto dell’ordine del giorno. Come ha ricordato stamane il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy, “nella bozza di conclusioni del vertice Ue, c’è già un riferimento alla necessità di approvare il regolamento sulla protezione dati entro l’anno prossimo, perché è importante ristabilire la fiducia”. Proprio l’altro ieri, dopo un interminabile tira-e-molla, l’Europarlamento ha trovato un primo accordo sul testo presentato quasi due anni fa dal commissario alla giustizia Viviane Reding. Ma l’esortazione degli stati membri ad accelerarne l’approvazione, con regole più stringenti, dovrebbe a quanto pare affidarsi ad un linguaggio più duro. E forse domandare alla Commissione ulteriori passi legislativi.
La stessa Viviane Reding è tornata oggi a suonare la carica rivolgendosi direttamente ai leader europei. “La protezione dei dati – ha dichiarato il commissario lussemburghese – si deve applicare alle mail dei cittadini come al cellulare di Angela Merkel. Ora non si tratta più di fare solo delle dichiarazioni, questo summit deve agire”. Altrettanto duro il commissario europeo al mercato interno Jacques Barnier: “Quando è troppo è troppo – ha twittato in mattinata – tra amici, deve esserci fiducia. E’ stata compromessa. Ci aspettiamo in fretta risposte dagli americani”. Mentre proprio a queste dichiarazioni è sembrata voler rispondere Neelie Kroes con un “cinguettio” già molto chiacchierato in rete nel quale ha scritto: “Più salvaguardie, sì. Ma attenzione a non buttare il bambino del digitale con l’acqua sporca di PRISM”. Come a dire: troppi caveat sulla protezione dei dati potrebbero frenare l’innovazione in campo digitale. E mentre gli ultimi capi di stato arrivano alla spicciolata al Justus Lipsius, il quartier generale del Consiglio, un diplomatico rammenta che “questo summit non dovrebbe prendere decisioni, ma servirà a preparare il terreno per il prossimo”, in programma per dicembre.