I siti di file sharing non sempre mantengono le promesse, e spesso nascondono qualche insidia. Se in Italia da poco è stato oscurato “the pirate bay”, nel resto del mondo la battaglia si inizia a combattere con armi meno convenzionali. La dimostrazione viene dal Guardian. Oggi la versione online del quotidiano britannico ha pubblicato la notizia che “UploaderTalk”, sito che era nato da circa un anno per la condivisione di file protetti da copyright, in realtà raccoglieva i dati di utenti, file scaricati e siti web con cui veniva in contatto per utilizzarli contro la pirateria informatica.
Wdf, il gestore del sito, che firma l’ultimo “special announcement” pubblicato dal sito-trappola annunciandone la chiusura definitiva, parla della sua decisione come di una “grande sterzata”. Prima di questa avventura, infatti, risulta essere stato uno dei fondatori di un altro sito di file sharing, Wjuncton.
Ciò che ora non è chiaro, affermano dal Guardian, è che uso possa effettivamente fare Nuke Piracy, agenzia privata nata in Arkansas per contrastare la pirateria che ha rilevato il sito, dei dati raccolti grazie a Uploader Talk. L’agenzia spiega sul proprio sito web di “utilizzare metodi originali e non convenzionali” per combattere la pirateria, stratagemmi che non intende “in nessun modo discutere o rendere pubblici”. Ciò che è certo è che Nuke Piracy, nata a febbraio 2013 – affermano da Guardian – si sarebbe già mossa in passato per rilevare siti pirata attivi, trasformandoi in punti di osservazione e di raccolta di dati per la propria “battaglia di legalità”.