L’intelligence di Roma “non ha evidenze” delle 46 milioni di telefonate “spiate” in Italia dalla Nsa (National Security Agency) americana, di cui ha scritto Cryptome. Secondo il sito, considerato l’antenato di Wikileaks, dal 10 dicembre 2012 al 13 gennaio 2013 la Nsa avrebbe “spiato” 124,8 miliardi di telefonate nel mondo, di cui 46 milioni in Italia. Gli 007 invitano a prendere con le pinze le indiscrezioni del sito e a distinguere tra spionaggio e monitoraggio. Quanto al centro di spionaggio comune di Cia e Nsa nella capitale italiana, si tratterebbe di una “normale attività di collaborazione che avviene ovunque nei Paesi alleati tra stazioni di servizi”. Nel frattempo, però, la Questura ha intensificato la vigilanza nei pressi di sedi diplomatiche ed ambasciate e in particolare dell’Ambasciata Usa.
Le rassicurazioni che continuano a non convincere diversi componenti del Copasir (Comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti), dai tre grillini (Vito Crimi, Bruno Marton e Angelo Tofano) a Claudio Fava (Sel), che chiedono con urgenza la convocazione del direttore del Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza), Gianpiero Massolo.
Più prudente Giacomo Stucchi, presidente del Copasir. “Diciamo subito – ha detto – che non si tratterebbe di telefonate spiate ma di metadati, ovvero identificativo del chiamante, del chiamato e della durata. Si tratta di una notizia non verificata e riportata da un sito straniero. Non ci sono prove al momento. Non voglio dire che non sia accaduto, ma per ora è una indiscrezione giornalistica”.
Stucchi ha aggiunto che il Copasir “valuterà la richiesta formulata finora da Claudio Fava (Sel) e dal M5S di audire con urgenza l’ambasciatore Massolo, capo del Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza). C’è la mia disponibilità e la mia condivisione a farlo in tempi brevi – ha proseguito – e l’ambasciatore ci fornirà tutte le risposte in possesso dei servizi italiani. Anche se dubito che ci possano essere integrazioni eclatanti rispetto a quanto ci ha già detto qualche giorno fa il sottosegretario Minniti”.
Il politico ha poi affermato: “Obama ha deciso di seguire la linea di Bush, ovvero di sacrificare la privacy per la sicurezza. Da noi i dati per fortuna sono molto più tutelati. Non è accettabile che accadano queste cose tra paesi amici e alleati, ovviamente se il tutto venisse confermato. Bisogna però capire se queste 46 milioni di telefonate si riferiscono anche alle comunicazioni via Internet, quindi alle email. Comunque, per usare un eufemismo, il comportamento degli Stati Uniti è stato scorretto”.
Quanto al centro di spionaggio comune di Cia e Nsa nella Capitale italiana, si tratterebbe di una “normale attivita’ di collaborazione che avviene ovunque nei Paesi alleati tra stazioni di servizi”.
Rassicurazioni che continuano a non convincere diversi componenti del Copasir, dai tre grillini (Vito Crimi, Bruno Marton e Angelo Tofano), a Claudio Fava (Sel), che chiedono con urgenza la convocazione del direttore del Dis, Gianpiero Massolo.
“Sull’entità e sulla gravitàdel fenomeno Datagate non c’è ancora alcuna chiarezza. Per questo riteniamo necessario che il governo riferisca il prima possibile alle Camere, anche rispetto alle iniziative che intende portare avanti in sede internazionale non solo per accertare i fatti ma anche per individuare forme davvero efficaci di protezione delle comunicazioni” ha detto Deborah Bergamini, capogruppo del Pdl in commissione Esteri alla Camera.
E l’ex presidente del Copasir, Francesco Rutelli: “Non sappiamo ancora cosa è avvenuto in Italia. I nostri Servizi Segreti dicano se l’attivita’ di controspionaggio ha funzionato a tutela delle istituzioni, delle attivita’ economiche e degli interessi italiani, e della privacy dei cittadini”.
Intanto il Wall Street Journal, citando alcune fonti, riporta che la Nsa ha messo fine al programma di monitoraggio di 35 leader mondiali, inclusa la Cancelliera Angela Merkel, dopo un esame dell’amministrazione Obama che ha rivelato alla Casa Bianca l’esistenza dell’attività di monitoraggio. Il presidente americano avrebbe passato quindi quasi cinque anni – mette in evidenza il quotidiano Usa – senza sapere che le sue spie monitorassero i leader mondiali.