E’ giallo senza fine quello sullo statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale. Dopo due ritiri da parte del governo e nonostante le rassicurazioni dell’entourage di Enrico Letta sul fatto che il provvedimento sia sul tavolo della Corte dei Conti (che ne dovrà valutare la sostenibilità finanziaria), fonti dell’Agenzia stessa fanno sapere al Corriere delle Comunicazioni che il testo è ancora dentro le mura di Palazzo Chigi.
Proprio per fare luce sulle sorti dell’ente il deputato Pd Marco Di Stefano ha presentato un’interrogazione urgente al governo. “Da oltre dieci mesi dalla scadenza dei termini previsti dalla normativa vigente – scrive Di Stefano – lo Statuto dell’Agenzia per l’Italia Digitale non risulta ancora approvato, il che comporta l’impossibilità, da parte dell’Agenzia stessa di esercitare i compiti ad essa attribuiti, se non limitatamente alle operazioni di ordinaria amministrazione e gestione delle attività degli enti soppressi DigitPA e Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione”. Ma il ritardo, secondo l’esponente del Pd, avrebbe provocato anche all’Italia l’apertura di una procedura di infrazione. “Uno dei compiti di maggior rilievo affidati all’Agenzia per l’Italia Digitale – puntualizza – è la realizzazione del Cert della Pubblica amministrazione, struttura di prevenzione, individuazione e contrasto degli attacchi informatici indirizzati verso i siti istituzionali, finalizzata a garantire l’integrità e l’efficienza dei sistemi informatici e di trasmissione dati dell’amministrazione pubblica; su tale specifico aspetto, alla luce dell’attuale situazione, risulterebbe che da quasi tre anni il Cert della PA, affidato allora alla DigitPA, non è operativo. Il che ha provocato, in aggiunta alle diverse dichiarazioni di ammonimento da parte della signora Neelie Kroes, commissario dell’Unione Europea per l’Agenda Digitale, anche l’apertura di una procedura di infrazione”.
L’Agenzia attende lo statuto da un anno. Lo scorso dicembre quando il decreto “Crescita 2.0” istituì l’Agid, il governo Monti promise di varare lo statuto entro 45 giorni. Ma tutto si è bloccato a maggio di quest’anno, quando la Corte dei Conti ha espresso le sue perplessità sul documento che gli era stato presentato e ha chiesto al governo – Letta intanto si era insediato a Palazzo Chigi – di ritirarlo.
La magistratura contabile chiedeva che fosse ripensata la dotazione organica dell’Agenzia che lo statuto stabiliva a 150 unità a valle dell’accorpamento di DigitPA, Agenzia per l’Innovazione e Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione della Presidenza de Consiglio. Ma il decreto istitutivo dell’Agenzia – decreto legge 83/2012, convertito dalla legge 134 – parla di una “cifra massima” di 150 unità che, in tempi di spending review, non necessariamente doveva essere raggiunta, secondo la Corte dei Conti. Così Letta decideva di riprendere in mano tutto quanto e farne uno nuovo. Trasformando, nel frattempo, il direttore generale Agostino Ragosa da direttore generale a Commissario.
Altro punto debole riguardava l’ultimo articolo che prevede, in via transitoria, l’assegnazione di cariche dirigenziali a garanzia dell’operatività dell’Agenzia. L’articolo dava al dg la facoltà di stipulare contratti a tempo determinato, per un massimo di due anni non rinnovabili, a persone di comprovata professionalità, da assumere come dirigenti. In tempi di spending review alla Corte dei Conti questa possibilità era sembrata eccessiva.
Ad agosto il governo Letta si era messo all’opera per adeguare il provvedimento al decreto del Fare che battezza la nuova governance con Francesco Caio nel ruolo di mister Agenda digitale. Il nuovo Statuto tagliava quindi a 130 le persone di cui l’Agenzia potrà disporre, contro le 150 indicate nella prima versione Statuto. Attualmente sono 100 le persone che l’Agenzia ha già a disposizione, avendo incorporato funzioni e personale di due enti, DigitPA e l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione.
Ma l’Agenda digitale è interessa molto anche i parlamentari. Tanto che alla Camera esiste da tempo una proposta di modifica del regolamento – firmata sia da esponenti del Pd sia del Pdl – che chiede di istituire una commissione permanente, la quindicesima – che si dovrebbe occupare di Agenda digitale. L’obiettivo è quello di raccogliere in un in un solo organismo le competenze auttualmente frammentate in più commissioni.