Il gruppo Vodafone avrebbe margini di crescita dell’1% a seguito di un eventuale deal con At&t. Lo dice Bernstein che aumenta il target price delle azioni della compagnia da 230 a 250 pence, mantenendo il rating sul titolo. “Operativamente e strategicamente sia At&t sia Vodafone stanno vivendo un momento difficile – spiegano gli analisti – L’eventuale fusione potrebbe essere utile a entrambi”.
Lo scorso settembre è stato raggiunto l’accordo da 130 miliardi fra Vodafone e Verizon per la maxi cessione del 45% della joint venture in possesso degli inglesi. La cessione ha permesso a Vodafone di concentrare l’attenzione sul business europeo nonché sul quello in Medio Oriente e Africa.
Secondo Bloomberg, i manager di At&t sono al lavoro per il possibile lancio di un takeover sull’operatore inglese agli inizi dell’anno prossimo. Il gruppo americano di telefonia e quello londinese guidato da Vittorio Colao non avrebbero però ancora iniziato negoziati formali.
La fusione tra le due società darebbe origine al più grande operatore di telecomunicazioni al mondo con una capitalizzazione da oltre 250 miliardi di dollari. Con più di 500 milioni di utenti di telefonia mobile su scala globale, la nuova entità sfiderebbe Google e Apple nello sfruttamento di nuove tecnologie per generare introiti da inserzioni pubblicitarie su dispositivi mobili.
L’eventuale transazione non potrà avvenire prima della conclusione della cessione da parte di Vodafone del 45% di Verizon Wireless alla società controllante Verizon Communication. Il closing è atteso a inizio 2014.
L’interesse di At&t per il mercato europeo non è un mistero. I primi di ottobre, in viaggio in Europa, il ceo Randall Stephenson ha dichirato che “l’Europa ha il potenziale per essere incredibilmente eccitante”, annunciando anche la disponibilità ad acquistare attività di telefonia mobile in Europa se ce ne fossero disponibili al giusto prezzo. Ma a certe condizioni che lo stesso Stephenson, a cominciare da “politiche coerenti sulle frequenze in modo da offrire condizioni più interessanti per le aziende che operano nel wireless”.
“Aziende come At&t – ha sottolineato – hanno bisogno di rassicurazioni sul fatto che le politiche pubbliche siano favorevoli agli investimenti sulle reti che hanno bisogno di aggiornamenti per l’evoluzione a lungo termine e per l’Lte”.
Stephenson ha detto che servono modifiche alle regole sulle licenze delle frequenze: occorre dare agli operatori la possibilità di controllare ampie aree di territorio per lunghi periodi di tempo per incentivare a realizzare investimenti sulle reti validi anche per il futuro. Alcuni paesi offrono licenze di circa 10 a 12 anni contro i 30 degli Stati Uniti e possono rimette all’asta le frequenze a nuovi operatori a fine licenza. E questo rende difficile costruire una rete pan – europea dal momento che ogni paese vende diverse porzioni di spettro in base alle proprie modalità.