Passare dagli operatori delle telecomunicazioni a quelli dei lavori
pubblici. È il suggerimento del presidente della commissione
Lavori pubblici del Senato Luigi Grillo per risolvere l’impasse
in cui si trova l’Italia in fatto di diffusione dei collegamenti
a banda larga. L’idea, avanzata nei mesi scorsi in qualche
convegno in forma ancora embrionale, sarebbe stata recentemente
sottoposta al ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.
Condizione basilare perché la proposta si riveli praticabile,
ovviamente, è lo spostamento del focus dai cavi in fibra ottica
necessari a far decollare la velocità delle connessioni alle
condotte che devono ospitarli.
Insomma, il passo fondamentale sarebbe cominciare a pensare a
costruire la rete dei buchi anziché quella dei cavi. Ipotesi che
non è poi così peregrina, se si considera che i lavori di scavo,
secondo le stime più accreditate, costituiscono ben l’80% degli
investimenti necessari. Già, ma chi dovrebbe realizzare questa
rete dei buchi e a quali condizioni?
La risposta di Grillo è così semplice da lasciare interdetti:
“Con il project financing”. Il senatore del Pdl è forse il
parlamentare che più di ogni altro ha le carte in regola da questo
punto di vista per dare indicazioni. È stato lui, infatti, a
introdurre, con un emendamento alla legge 166 del 2002, la tecnica
del project financing per le opere pubbliche, oltre ad essere stato
relatore del terzo decreto correttivo del codice degli appalti
(decreto legislativo 152 del 2008).
In sostanza, la proposta è quella di far bandire allo Stato un
appalto per il diritto di realizzare l’opera e di far pagare
successivamente un pedaggio ai suoi utilizzatori futuri. Chi
effettua la proposta migliore vince e costruisce la rete dei
cavidotti da riempire con la fibra ottica e acquisisce con ciò
stesso il diritto di farsi pagare per il suo uso. Farsi pagare da
chi? Ma dai gestori di telecomunicazioni, ovviamente, oltre che
dalla Pubblica amministrazione, che può aver bisogno di ricorrere
direttamente alla rete per i suoi collegamenti oppure affidarsi ai
gestori di tlc.
Questi ultimi dovrebbero solo far fronte, nel complesso, al 20%
dell’investimento, riempiendo i buchi con i propri cavi di fibra
ottica (nelle sole aree remunerative) e pagare il pedaggio, come si
fa su un’autostrada di asfalto. Perché questa costruzione
funzioni bisogna naturalmente accertare condizioni ragionevoli per
un ritorno economico dell’investimento da parte di chi deve
scavare.
Ma è ben difficile sostenere che questo non possa esserci, almeno
a certe condizioni di mercato. Già oggi i collegamenti in fibra
ottica cominciano a essere richiesti per diversi usi (come la video
conferenza a livello professionale) e soprattutto si prevede che lo
saranno sempre più per servizi che ancora devono prendere piede:
dalla telemedicina alla tv via internet, passando per le numerose
applicazioni nella sfera dei rapporti fra imprese e pubblica
termine, è prevedibile. La soluzione proposta da Grillo avrebbe
inoltre un ultimo vantaggio, tutt’altro che trascurabile:
l’assoluta neutralità della rete, che non solo non
discriminerebbe fra i diversi operatori telefonici, ma neppure fra
questi e le compagnie televisive. Ciascuno con il suo cavo,
sarebbero tutti uguali nella rete dei buchi. Grazie alla società
del tubo.