Gli italiani utilizzano i servizi online delle pubbliche amministrazioni un po’ di più dei cileni, e meno di quelli di tutti gli altri Paesi monitorati dall’Ocse nel suo rapporto annuale, e che tiene d’occhio il rapporto tra cittadini, imprese e Pa. In dettaglio, soltanto il 19% degli italiani utilizza Internet per dialogare con le istituzioni e utilizzare i servizi amministrativi, contro una media Ocse del 50%. Peggio di così c’è soltanto il Cile, dove la media è del 7%. Il resto dei paesi dell’Unione europea supera agevolmente la media del 40%, con la Francia in testa (61%) e a seguire Germania (51%), Spagna (45%), Gran Bretagna (45%).
Se dai cittadini passiamo alle imprese, i numeri migliorano ma non tanto da consentire al Paese di abbandonare la penultima posizione: a utilizzare i servizi online sono in questo caso il 76% delle società, e l’Italia fa meglio della sola Svizzera, mentre la media generale è dell’88%.
Il ritardo si riduce sensibilmente se si vanno a considerare alcuni settori specifici, come l’e-procurement, dove per l’Italia sono particolarmente impegnati la Consip e alcune importanti agenzie nazionali come Equitalia, Inps e Inail. In questo caso sono le pubbliche amministrazioni a mostrare la strada e i privati ad adeguarsi con più lentezza: rispetto alla media Ocse del 25%, la situazione delle aziende italiane nell’usare i canali elettronici per la vendita e l’approvvigionamento nel 2012 superava di poco il 15%.
Se si considera la spesa della pubblica amministrazione in Ict per ogni dipendente la spesa dell’Italia è allineata con Spagna e Germania, nel range tra i 3 e i 4 mila dollari a persona.
IL RAPPORTO OCSE