Non si tratta certo di una novità. La serrata competizione tecnologica di cui è protagonista il settore del mobile vede l’Europa continuare a perdere irrimediabilmente terreno nei confronti delle principali controparti internazionali, Stati Uniti in testa. Tanto che negli ultimi tempi gli allarmi pubblici si sono moltiplicati in misura esponenziale, suonati all’unisono da media, rappresentanti politici e grandi telco del continente.
A fornire un’ennesima e inappellabile conferma a queste inquietudini è la pioggia di cifre messe in fila dalla Ctia, l’associazione internazionale dell’industria wireless, nel nuovo rapporto. Lo studio fotografa la stato dell’arte della banda larga mobile a livello globale, in particolare mettendo a confronto le performance degli Stati Uniti con quelle dei maggiori mercati regionali in un ampio ventaglio di categorie. A cominciare dal volume degli investimenti.
Nel solo 2012 gli operatori mobili d’oltreoceano hanno riversato più di 30 miliardi di dollari nella realizzazione di nuove reti, con un incremento del 9% rispetto all’anno precedente. In concreto il dato si traduce in un investimento di 94 dollari per abbonato contro una media di 16 espressa dai provider non statunitensi. Ed è oltretutto l’ultimo guizzo di un costante trend al rialzo che nell’ultima decade ha suggellato il netto sorpasso degli Usa su quell’Europa un tempo pioniere del GSM. Come precisa Ctia, echeggiando dati già in precedenza elaborati dalla GSMA, “il livello di spesa per capitale in wireless negli Stati Uniti è cresciuto del 70% tra il 2007 e il 2013, laddove in Europa ha subito un lieve declino”.
Uno scarto che, com’è noto, ha aperto un abisso tra le due sponde dell’Atlantico in particolare nella diffusione del 4G. Con gli Usa che oggi si fregiano di ospitare oltre il 50% degli abbonamenti mondiali a reti Lte, contro il 4% dell’Europa. Nell’Ue il 4G copre solo l’1,9% della popolazione, mentre negli Stati Uniti si prepara a superare quota 20%. Ed il confronto resta impietoso anche nei confronti di Giappone e Corea del Sud, che rappresentano rispettivamente il 21% e il 18% degli utenti mondiali che usufruiscono delle reti mobili di ultima generazione.
Altrettanto ampio è il divario relativo alla velocità media di connessione: 2.6 Mbps per gli Usa contro circa la metà per l’Ue. E le proiezioni riportate dalla Ctia indicano che il gap rimarrà invariato anche nei prossimi anni: 14.4 Mbps contro 7 Mbps entro il 2017. Che poi il Vecchio Continente possa ancora contare su prezzi retail più ridotti rispetto a Washington sembra non darle alcun vantaggio statistico in termini di utilizzo. Al contrario. I minuti voce consumati da un utente Usa sono cinque volti superiori alla media europea, il volume di dati scaricati più del doppio. E inoltre anche sul fronte delle tariffe gli USA mostrano sensibili miglioramenti. Tanto per dirne una, come rileva lo studio Ctia, “il prezzo medio per ogni megabite scaricato è sceso dai 0,46 dollari del 2008 ai 0,03 del 2012”. Laddove anche i profitti per ogni minuto voce consumato sono di recente scesi a tre centesimi, mentre la media Ue resta ferma a 10 centesimi.
Su questi dati risuonano con forza i ripetuti moniti espressi tra gli altri da Neelie Kroes. “L’Europa era abituata a guidare il mondo nel wireless, abbiamo inventato lo standard Gsm, ora stiamo arretrando. Siamo sorpassati da est e da ovest, abbiamo urgente bisogno di recuperare”, ha dichiarato il Commissario per l’Agenda Digitale intervenendo lo scorso febbraio al Mobile World Congress di Barcellona. La Kroes ha ripetutamente attirato l’attenzione sugli effetti trasversali per l’economia europea che deriverebbero da un rilancio del comparto mobile europeo.
Basta del resto guardare al mercato americano. Secondo Ctia, “tra il 2007 e il 2011, l’industria wireless statunitense ha guadagnato quasi 1,6 milioni di posti di lavoro supplementari, mentre il settore privato ne ha nell’insieme persi 5,3”. In concreto, significa che il settore ha contribuito “al 2,6% della crescita occupazionale d’oltreoceano”.