AGENDA DIGITALE

Cnel e Corte dei Conti scommettono sul data center comune

L’accordo di collaborazione crea la prima aggregazione tra i sistemi informatici delle PA. Obiettivo: razionalizzare i costi e ottimizzare le risorse IT

Pubblicato il 02 Dic 2013

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Un data center comune per la Corte dei Conti e il Cnel. Con l’accordo di collaborazione firmato oggi dal presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, e il presidente del Cnel, Antonio Marzano, con il patrocinio dell’Agenzia per l’Italia digitale, nasce la prima aggregazione tra sistemi informatici delle amministrazioni pubbliche.

”Mettiamo a disposizione i nostri dati al Cnel – spiega Squitieri – è una forma di cooperazione tra due amministrazioni perfettamente coerente in un’ottica di spending review” che porterà ”tempestività nell’informazione e una riduzione degli investimenti”. ”Facciamo rete – osserva Marzano – in un’Italia che, affianco al mondo dei distretti, ha anche tanti castelli chiusi in se stessi”.

Il Cnel e la Corte dei Conti sono le prime due istituzioni italiane a mettere a fattor comune le proprie esigenze tecnologiche, aprendo di fatto una strada di enorme interesse nazionale nell’ambito della cooperazione tecnologica interistituzionale che condurrà a risparmi certi per la finanza pubblica. Con questo accordo le due istituzioni intendono condividere le rispettive esperienze nella gestione delle infrastrutture IT e avviare un’azione congiunta finalizzata alla razionalizzazione dei costi di gestione e all’ottimizzazione delle risorse IT, intervenendo sulle strutture di erogazione dei servizi IT, in particolare sul numero dei data center pubblici italiani, ritenuto unanimemente eccessivo, ove comparato anche a livello internazionale, nonché sul livello di sicurezza attuato nell’elaborazione di dati.

L’intesa, che potrà essere estesa ad altre amministrazioni, è in linea con gli obiettivi di razionalizzazione dei sistemi informatici indicati dall’Agenda Digitale e parte dall’analisi della spesa, oggi ”gravemente inefficiente”, nei circa 6 mila centri di elaborazione dati pubblici, un numero considerato ”unanimemente eccessivo” rispetto agli standard internazionali.

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