Le due Telecom

L’assemblea del 20 dicembre dovrebbe sortire sorprese sul fronte della revoca degli azionisti. Ma gli effetti più significativi potrebbero emergere nei mesi a venire, magari in occasione dell’assemblea di aprile che approverà il bilancio e varerà il nuovo consiglio. Si scontrano due visioni del futuro e della governance della società.

Pubblicato il 16 Dic 2013

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Venerdì 20 dicembre si riunirà l’assemblea degli azionisti di Telecom Italia con all’ordine del giorno la revoca del cda richiesta dalla Findim dei Fossati, forte del 5% del capitale.

Il cda è supportato da un azionista pesante come Telco, col 22,4%. Sarà determinante l’atteggiamento dei fondi di investimento, in particolare dopo che due proxy advisor del calibro di Iss e Glass Lewis hanno appoggiato la richiesta di Fossati, dopo la notizia che Blackrock è salito ad oltre il 10% del capitale e dopo le dimissioni di Cesar alierta e Julio Linares dal cda di Telecom.

Le presenze che normalmente faticano a superare il 50% del capitale e la tradizionale riluttanza dei fondi a impegnarsi in battaglie gestionali farebbero presumere che nell’immediato cambierà ben poco. Eppure, stavolta la sorpresa potrebbe essere davvero possibile. In ogni caso, Fossati e i piccoli azionisti Asati schierati al suo fianco sono determinati ad andare avanti: il 20 dicembre rappresenta per loro una sfida ma anche l’inizio di una battaglia che sperano di vincere: se non ora, all’assemblea di aprile 2014 che approverà il bilancio e varerà il nuovo consiglio.

Emergono due diverse visioni di Telecom Italia che la salita di Telefonica al 66% di Telco ha evidenziato. Per Patuano (e i soci Telco a partire da Telefonica), Telecom può ballare da sola. Gli investimenti per le indispensabili reti di nuova generazione e il lancio di nuovi servizi “non commodity” si possono finanziare con le cessioni, il convertendo, la razionalizzazione dei costi.

Secondo Fossati, invece, tali risorse vanno cercate anche altrove, con l’ingresso di nuovi capitali ed evitando quelle che ritiene svendite fatte non nell’interesse di Telecom ma di Telefonica. Il cambio di statuto e la trasformazione in public company punta anche a questo: a smontare il peso degli spagnoli considerati gli ispiratori di una strategia che mira a svuotare Telecom Italia a loro vantaggio.

L’emblema dello scontro potrebbe diventare il destino di Tim Brasil. Il Cade, l’authority brasiliana, sembra volere mettere gli spagnoli con le spalle al muro: o scendono in Telco, o riducono la partecipazione in Vivo o, appunto, Telecom cede le attività brasiliane. Ma per Patuano non sarà facile spiegare che quest’ultimo è l’interesse di Telecom. Salvo offerte che non si possono rifiutare.

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