La Camera ci ripensa e a sorpesa approva l’emendamento sulla web tax, accantonato nella giornata di giovedì 12. La norma prevede che “i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana”. L’Italia è il primo paese europeo ad adottare una norma di questo tipo.
In questo modo i volumi di vendita realizzati in Italia dalle big del web come Google, Amazon, Facebook e Apple sarebbero fatturati nel nostro Paese, con il conseguente gettito fiscale, mentre oggi vengono fatturati in altri paesi con regimi fiscali agevolati, come ad esempio l’Irlanda. Da sottolineare che l’obbligo non scatta solo per i servizi di e-commerce ma anche per l’acquisto dei link sponsorizzati sulle e pagine dei risultati dei motori di ricerca visualizzabili in Italia: l’inserzione sarà dunque venduta solo da imprese con regolare partita Iva italiana.
L’obbligo a cui punta l’emendamento riguarderebbe, comunque, le transazioni tra imprese o tra operatori economici sogetti passivi Iva (gli scambi business to business) e consentirebbe di far pagare l’imposta sul valore aggiunto nel nostro Paese.
È stato anche approvato anche l’emendamento presentato da Stefania Covello (Pd) che mira alla tracciabilità: esso stabilisce che l’acquisto di servizi di pubblicità online deve essere effettuato mediante bonifico bancario o postale.
Il governo con il viceministro Stefano Fassina si è rimesso all’aula, mentre dubbi li hanno sollevati Giampaolo Galli e Marco Causi del Pd, timorosi che questa norma possa andare in contrasto con le normative europee. A questo punto, a meno di un intervento specifico del Governo, la norma è sempre più vicina a una definitiva approvazione con il resto della Legge Stabilità.
La prima a commentare negativamente l’approvazione della web tax è stata l’American Chamber of Commerce in Italy. “L’approvazione dell’emendamento Web tax rappresenta un grave ostacolo all’espansione dell’economia digitale, in cui la fiducia e l’apertura verso investimenti diretti esteri sono condizioni imprescindibili per la crescita . si legge in una nota – Oltre al vago sapore protezionista, l’emendamento Web tax appare in evidente contraddizione con le finalità del piano Destinazione Italia e potrebbe esporre l’Italia ad una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea, per possibili violazioni dei trattati e delle normative Ue sui princìpi del mercato unico e della libera circolazione dei servizi“.