Alla fine, con la web tax, “il Parlamento è riuscito a imporre un dibattito anche in Europa e nell’ultimo consiglio Ue è stato preso un impegno a discutere dell’armonizzazione fiscale entro la primavera. (…) Grazie alla battaglia italiana, e a quella francese in Europa, il tema è diventato centrale”. Lo ha detto in un’intervista pubblicata oggi da La Repubblica Francesco Boccia (Pd), presidente della Commissione Bilancio della Camera, a proposito della normativa da lui promossa che prevede l’obbligatorietà di avere una partita Iva italiana quando si vende pubblicità online in Italia e, per le aziende che fanno raccolta pubblicitaria sul web, un diverso indicatore dei profitti rispetto a quello attuale riferito ai costi sostenuti per l’attività. Dopo essere passata venerdì scorso alla Camera nell’ambito della legge di stabilità a cui il governo ha dato la fiducia, si attende per oggi intorno alle 14.30 il voto di fiducia del Senato. E intanto il fautore del provvedimento, in opposizione alle molte voci contrarie emerse negli ultimi tempi, ribadisce un concetto: la norma ha avuto il merito di portare il dibattito a livello europeo. E non vuole che sia definita una tassa: “È il tentativo – dice Boccia – di far pagare a pochissime aziende multinazionali le imposte nel nostro Paese. Quelle che pagano il 99% delle aziende italiane”.
Il presidente della Commissione Bilancio ra sostiene che in questo modo, a partire dal prossimo anno, i colossi del web “pagheranno dai 130 milioni in su e quelle risorse dovranno andare per la riduzione del costo del lavoro”. Quanto al previsto utilizzo di una partita Iva italiana, Boccia dice: “Sembrava un insulto” invece “è un tema serio e non lo si risolve con un tweet o con una battuta”. Il riferimento è a Matteo Renzi, neo segretario del Pd, che più volte aveva manifestato la sua disapprovazione per la web tax e che, il giorno prima dell’atteso voto di fiducia alla Camera, aveva chiesto al presidente del Consiglio Enrico Letta in un tweet di “eliminare ogni riferimento alla web tax e porre il tema dopo una riflessione sistematica nel semestre europeo”.
“In un partito rinnovato – è la replica odierna di Boccia – occorre affrontare certi argomenti con un confronto interno” e non “sarebbe male ascoltare le imprese italiane di musica, cinema ed editoria”.
A seguito dell’approvazione alla Camera della web tax era stato lo stesso Letta a sollecitare un “coordinamento con le norme europee essenziali”. Ma solo dopo la prima bocciatura pubblica della Ue arrivata da Emer Traynor, portavoce del commissario europeo per la fiscalità e l’unione doganale Algirdas Šemeta, secondo il quale la norma “sembrerebbe contraria alle libertà fondamentali e i principi di non-discriminazione stabiliti dai trattati” .
Occhi puntati verso l’Europa anche da parte della parlamentare del Pd e componente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera, Lorenza Bonaccorsi, che venerdì scorso in serata, insieme ai colleghi del Partito Democratico Paolo Coppola, Marco Causi e Giampaolo Galli, ha presentato un odg, il numero 43, sulla web tax che impegna il governo alla notifica presso la Commissione Europea, oltre a un “eventuale” sospensione degli “effetti della norma introdotta” e alla valutazione di “meccanismi correttivi della disposizione”.