Francesco Boccia ribadisce il suo dissenso con Matteo Renzi sulla web tax. Il presidente della commissione Bilancio della Camera e deputato del Partito democratico definisce “negativa” la scelta del governo di far slittare a luglio la norma da lui promossa e approvata sei giorni fa dal Senato, che prevede l’obbligo di acquistare pubblicità online solo da chi possiede partita Iva italiana.
Una decisione, dice Boccia all’Huffington Post, “presa anche sulla base della richiesta di Renzi e in vista nel negoziato europeo. L’ho votato alle primarie e accetto le sue scelte – prosegue riferendosi al neo segretario del suo partito – ma in questo caso non le condivido”. Il parlamentare rivela inoltre che “a premere affinché la norma venisse almeno prorogata è stata anche la lobby americana, potentissima. Hanno chiamato tutti, pure me”, ma “non ci sta che l’Italia non si difenda”.
Per il rinvio in sede europea e la modifica della web tax avevano presentato nei giorni scorsi un ordine del giorno alcuni deputati renziani del Pd guidati da Lorenza Bonaccorsi.
Boccia ha parole dure anche per Beppe Grillo, fortemente contrario alla web tax. “È incosciente e al servizio di altri – dice Boccia – ed è anche vergognoso e grottesco, visto che parla da esperto di condoni”.
A sua volta il leader del Movimento 5 Stelle usa toni ancora più duri attaccando frontalmente, dal suo blog, l’editore Carlo De Bendetti, che è tra i sostenitori della norma. Dopo averlo definito “ignorante digitale”, l’ex comico parla di “una legge disegnata su misura per i suoi interessi” e che “favorisce sfacciatamente e contro il diritto europeo la sua società di pubblicità, la Manzoni“. A suo dire De Benedetti è “il vero elettore del burattino Renzie (sic) e lobbista a tempo pieno in parlamento grazie al pdexmenoelle e ai suoi giornali”.
Sul decreto legge Milleproroghe, che contiene la disposizione per il rinvio al primo luglio 2014 dell’entrata in vigore della web tax (altrimenti destinata a scattare dal primo gennaio 2014), sono stati al lavoro da ieri il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi e i tecnici per dividerlo in due provvedimenti omogenei e più snelli. Questo pomeriggio i due decreti legge sono stati presentati all’attenzione del Quirinale e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha autorizzato la presentazione del Milleproroghe diviso in due decreti legge. Uno contiene “disposizioni di carattere finanziario indifferibili finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali, la realizzazione di misure in tema di infrastrutture, trasporti ed opere pubbliche nonché a consentire interventi in favore di popolazioni colpite da calamità naturali. L’altro contiene la “proroga di termini previsti da disposizioni legislative”. Quindi a breve il rinvio della web tax sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Intanto è già partita una denuncia alla Commissione europea sulla web tax da parte di un privato cittadino, Marco Bazzoni, che già in passato è riuscito a far aprire una procedura di infrazione della Ue nei confronti dell’Italia per violazione delle direttiva europee sulla sicurezza sul lavoro. Operaio metalmeccanico di Firenze, Bazzoni, parlando con il Corriere delle Comunicazioni, ha fatto sapere di aver inviato per email una circostanziata notifica via email al segretario generale della Commissione europea sostenendo che la web tax, anche detta google tax o spot-tax, “viola in modo evidente la direttiva europea 2006/123/CEE, detta anche direttiva Bolkestein, all’articolo 16, comma 2 (si tratta della direttiva sulla libera circolazione di beni e servizi in Europa, ndr)”. Di conseguenza ha chiesto alla “Commissione Europea di aprire quanto prima una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione di tale direttiva”. A suo parere non è significativo che il “Decreto Milleproroghe approvato dal CdM in data 27 Dicembre 2013 abbia posticipato l’entrata in vigore della Web Tax al 1 Luglio 2014” perché, nella sua opinione, “la violazione della direttiva Bolkestein resta”.
Bazzoni è già noto per aver presentato denuncia alla Commissione Europea, nel settembre 2009, sulle difformità di alcuni articoli del Dlgs 106/09 (decreto correttivo al Testo unico per la sicurezza sul lavoro: Dlgs 81/08) rispetto alle direttive europee. La Commissione lo ha ascoltato e, dopo un iter durato 2 anni, ha aperto una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese. Con una lettera inviata all’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l’Unione ha “messo in mora” l’Italia. Il procedimento è tuttora in corso.