Tim Brasil potrebbe valere fino a 30 miliardi. Lo rileva uno studio commissionato dalla Findim di Marco Fossati, che include la crescita attesa del paese (17 miliardi stand alone, 25 miliardi la valutazione totale esclusa la crescita del Brasile). La Findim di Fossati, ribadendo l’interesse strategico legato alla presenza di Telecom sul mercato brasiliano, sostiene che “ben difficilmente potranno ravvisarsi le condizioni perchè sia adottata una deliberazione di dismissione della partecipazione nella controllata”. Infatti, argomenta Fossati nella missiva inviata ieri al cda di Telecom Italia, soltanto “un prezzo molto superiore al corrente valore di mercato di Tim Brasil può effettivamente compensare in maniera adeguata la perdita di chance insita in una partecipazione strategica, non solo in grado di contribuire in misura rilevante ai risultati economici della nostra società con sostanziose prospettive di crescita per il futuro, ma che assicura al gruppo Telecom un ruolo di primo piano nel mercato internazionale delle telecomunicazioni”.
Nel valutare eventuali offerte il cda dovrà quindi operare con grande prudenza, tenendo conto “non solo degli effetti economici e patrimoniali della dismissione ma anche delle implicazioni che la perdita del mercato brasiliano comporta per il futuro di Telecom Italia nel panorama degli operatori internazionali delle tlc”. Fossati conclude ribadendo che, nel caso di un’offerta su Tim Brasil, la delibera del consiglio dovrà essere votata esclusivamente dai membri non di espressione di parti correlate e/o del socio Telco.
Ma gli analisti considerano eccessive le valutazioni dello studio Findim. Secondo gli esperti di Intermonte le indicazioni di Fossati paiono irrealistiche. Opinione condivisa anche dagli analisti di Equita che evidenziano come la valutazione, pari a circa 16 volte l’Ebitda, è “ovviamente molto elevata”.
A detta di Banca Akros, invece, le parole di Fossati sembrano più una provocazione mirante a bloccare la cessione piuttosto che ad aumentare il valore dell’asset. Gli analisti, tra gli altri, segnalano che l’utilizzo come riferimento della transazione che ha riguardato Vivo è più che ottimistico, anzi irrealistico, e che c’è un solo compratore, ossia un consorzio di tre aziende. In questo caso la lente dell’antitrust sarebbe considerevole. Inoltre, gli attuali valori di mercati riflettono correttamente il valore stand-alone dell’asset (9-10 miliardi di euro) con 2/3 miliardi di sinergie massimi: un livello di 12 miliardi di euro, quindi, potrebbe essere appropriato.
Intanto Telecom resta nella “Conviction Sell” di Ubs, che lascia dunque invariata sul titolo la raccomandazione a sell e il target price a 0,34 euro. “Vediamo un rischio di downside sia sulle nostre stime che su quelle del consenso e un eccessivo indebitamento”, commentano dalla casa d’affari, spiegando che “i flussi di cassa operativi che provengono dal mercato italiano sono influenzati dal debole contesto macroeconomico, da un mercato saturo e da una forte concorrenza”.