TELECOM ITALIA

Catricalà: “Telecom non venda Tim Brasil”

Per il viceministro alle Comunicazioni l’asset è strategico. “E se si vendesse la controllata, TI avrebbe meno spinta a liberarsi della rete”. Il sottosegretario all’Economia, Baretta: “Separazione societaria su base volontaria è preferibile”

Pubblicato il 14 Gen 2014

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Il viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, in un’intervista all’Huffington Post si augura che Telecom non venda Tim Brasil. “Spero – afferma – che questo non accada. Credo che Tim Brasil sia strategica per Telecom, certamente non lo è per lo Stato Italiano, ma per Telecom sì. C’è preoccupazione, anche perché se vendesse anche Tim Brasil avrebbe ancora meno spinta a liberarsi della rete. Io non voglio indebolire Telecom, anzi per noi Telecom è un’industria nazionale importante, con tanta intelligenza da salvaguardare e tante competenze da sviluppare. E’ un bene da tutelare, non possiamo accettare di farne una sorta di bad company”.

Per quanto riguarda la rete, il viceministro osserva che “per ora quello che Telecom sta dicendo è che aumenterà gli investimenti. Ciò nonostante la mia preoccupazione è che non sia sufficiente solo investire, ma sia necessario anche investire in modo corretto per sviluppare la concorrenza. Non vogliamo che Telecom si liberi della proprietà della rete, quello che vogliamo è che ci sia una partecipazione significativa di Cassa Depositi e Prestiti, che possa dare certezza all’orientamento degli investimenti verso i due grandi obiettivi di sviluppo e sicurezza”.

Sulla separazione, in Aula alla Camera, è intervenito anche il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta. “Il Governo ritiene essenziale la tutela dei livelli quantitativi e qualitativi dell’occupazione e degli investimenti – ha detto Baretta – che devono essere incrementati e ritiene anche strategica la rete di telecomunicazioni e in tal senso ha avviato l’iter dei decreti sulla golden power. La separazione societaria, non proprietaria, della rete resta priorità da perseguire, preferibilmente su basi volontarie”.

Il viceministro tocca anche il tema dell’Agenda digitale, su cui l’Italia è indietro. “Vogliamo recuperare, Francesco Caio sta lavorando proprio sull’Agenda digitale e io voglio assolutamente accelerare sullo sviluppo infrastrutturale – dice – A me interessa innanzitutto che si sviluppi la rete di telecomunicazioni. Lo stesso Caio sta mettendo a punto un rapporto sullo stato degli investimenti a cui abbiamo collaborato come Ministero, di cui non ho avuto ancora risultanze perché non è ancora pronto, ma lo sarà presto”.

Riflettori puntati anche sulla web tax. “La questione della tassazione non mi ha mai appassionato più di tanto e non ne ho mai parlato, anche perché non è il mio core business – sottolinea Catricalà all’Huffington Post – Quello che mi interessa è il rispetto delle regole che devono essere uguali per Internet e per la televisione. Ormai Internet e tv stanno diventando un unicum, anche se ci sarà un lungo passaggio di televisione ibrida, di contaminazione. A questo punto, le regole tipiche che operano nella trasmissione televisiva devono esserci anche nell’interfaccia web. Stiamo cominciando dai minori, abbiamo riattivato il Comitato media minori certamente per ridare forza alla tutela dei minori, ma soprattutto per fare un codice di autoregolamentazione nuovo”.

Secondo il viceminstro “sul web non si può intervenire troppo per legge, necessita di regole autogene, che nascano dall’interno”. “Devono essere sentite, un po’ perché sarebbe facilissimo eluderle, un po’ perché il web è ribelle, non lo puoi troppo ingessare con regole calate dall’alto – spiega – Però se le può dare da solo. Detto questo, non è facile trasportare puramente e semplicemente le regole della televisione su Internet, ma un minimo di omogeneità questo codice lo può avere”.

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