“Il ragionamento di Fossati sul Brasile è più che condivisibile, si tratta di una valorizzazione giusta che riflette il prestigio di un asset come Tim Brasil. La voce fuori dal coro è quella di Giulio Sapelli, ordinario di Storia Economica all’Università degli studi di Milano, il quale si dissocia dai commenti di alcuni analisti, che ritengono troppo elevata la valutazione di Tim Brasil (fino a 28-30 miliardi) indicata dalla Findim di Marco Fossati. Per l’economista – che si occupa della formazione dei dirigenti Telecom ed è esperto di Sud America, dove ha lavorato alla start up di Tim Brasil – il Brasile, nonostante gli analisti ritengano “vada male”, “è un gigante e avere in loco un’impresa come Tim è un grande valore. Più che fare valutazioni sul settore tlc, è importante guardare il mercato”.
“I multipli riflettono l’orientamento di chi li fa – sottolinea Sapelli – Fossati e, si spera, anche il nuovo management di Telecom hanno capito che è ora di finirla con la politica di dismissioni a favore di un aumento di capitale serio, che trasformi la società in una vera public company. Tutto ciò è incluso nella valutazione e il mercato deve scommetterci”. Il professore è d’accordo
anche sulle modifiche alla governance, chieste da Findim e da Asati per dare più spazio alle minoranze. Non capisco perché finora non siano state fatte, anche i piccoli azionisti devono essere valorizzati, ma spesso ciò in Italia non avviene”.
In merito a Telefonica, Sapelli è convinto che il socio spagnolo di Telco debba “accompagnare questo percorso, capendo che è nei suoi interessi essere azionista di un’azienda competitiva. Telefonica deve capire che il suo ruolo può anche essere declassato, nel caso di un aumento di capitale consistente e dell’ingresso di nuovi azionisti”.
Intanto è atteso per domani, in occasione del cda di Telecom Italia, il Piano industriale 2014-2016 di Tim Brasil i cui dati essenziali vengono anticipati da L’Espresso. Il giro d’affari 2013 di Tim Brasil è stimato 20.044 milioni di reais, in euro 6 miliardi e 200 milioni. Nel 2014 il ritmo di crescita del fatturato, che negli ultimi anni è stato sopra il 6 per cento, quasi si dimezza (più 3,5 per cento) con un fatturato previsto di 20 miliardi 751 milioni di reais (6,4 miliardi di euro) per poi scattare di nuovo nel 2015 e nel 2016 con un più 6,2 e un più 8,5 fin quasi a tagliare il traguardo dei 24 miliardi di reais (7,4 miliardi di euro). L’Ebitda medio annuo nel periodo, cioè la redditività del business, resta dunque oltre l’8 per cento, da 1,5 miliardi del 2013 agli oltre due miliardi del 2016.
Considerando solo l’attività di telefonia mobile di Tim, che comunque è quella preponderante, un elemento di cui tenere conto è la necessità di adeguare in continuazione la rete: se la spesa complessiva (Capex) si attesta sul 20 per cento del fatturato, più della metà è destinata appunto alla rete, al suo sviluppo e alla sua manutenzione.
Il Piano industriale registra anche un cambio nel profilo degli utenti: meno telefonate prepagate, più bollette a consuntivo. Il che può aumentare la vulnerabilità dell’azienda. Ma resta sempre un’attività con un orizzonte suggestivo, visto che la differenza tra ebitda e capex, vale a dire tra margine di guadagno e investimento di nuovo capitale in beni durevoli, non solo è abbondantemente positivo, ma resta in crescita: va da 1,4 miliardi di reais del 2013 a 2,5 miliardi del 2016 (da 430 a 770 milioni di euro).