L’E-commerce è un settore in crescita anche in Italia, ma il ritmo di questa crescita non è sufficiente per colmare il solco che divide la penisola dal resto d’Europa in questo campo. Se poi si va a guardare all’interno del territorio italiano, emerge una disomogeneità della crescita che penalizza soprattutto le regioni del Sud rispetto a un Centro Nord che procede a un passo più spedito. Sono le tendenze emerse durante il convegno “Economia digitale. Opportunità di crescita per la Sicilia”, che si è tenuto stamattina alla Camera di Commercio di Palermo, organizzato da Banca Sella con il patrocinio della Camera di Commercio di Palermo e di Confcommercio Sicilia. Tra i relatori Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio del capoluogo siciliano, Pietro Agen, presidente di Confcommercio Sicilia, Gennaro Crescenzo, capoterritorio di Banca Sella, Pietro Sella, amministratore delegato del gruppo, Fabio Mazzola, preside della facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Palermo, e l’economista Lelio Cusimano. “Secondo i dati del Politecnico di Torino – ha detto l’economista – negli ultimi cinque anni la crescita del commercio online in Italia è stata del 220%, passando da 12 a 5 miliardi di euro”. Ma “l’Italia sconta ancora un profondo gap rispetto al resto d’Europa – ha spiegato Mazzola – Il World Economic Forum ci ha posizionati al 48esimo posto per indice di competitività globale, al 32esimo per la generalità dei fattori di innovazione tecnologica e oltre il 100esimo posto per la domanda di prodotti hi-tech”.
Rimane marcato il divario tra Nord e Sud: “nel Mezzogiorno – ha affermato il preside – l’attività di ricerca e sviluppo è inferiore del 30%, mentre la Sicilia è posizionata al 235mo posto sulle 262 regioni europee per indice di competitività con un crollo del 50% degli investimenti industriali e del 10% del fatturato negli anni della crisi e con un tasso di occupazione dei laureati pari a 1 a 3 rispetto al Centro Nord. In questo contesto il settore digitale è uno di quelli più in sofferenza. Tanto per fare alcuni esempi, in Sicilia usano il pc il 53,4% degli abitanti contro il 62,8% del resto d’Italia, l’accesso a Internet è garantito al 52% delle persone contro il 60,7%, per gli smartphone la percentuale è del 33,8% contro il 43,9%, per l’Adsl del 59,6% contro il 64,5%. Negativi anche i dati dei rapporti tra imprenditori o residenti e la pubblica amministrazione: appena il 15,7% degli abitanti usa Internet per dialogare e portare avanti pratiche burocratiche con gli uffici pubblici. E nell’e-commerce il 70% dei compratori non ha mai usato internet per effettuare un acquisto, contro il 57,4% del resto d’Italia. I bandi di gara online sono fermi al 15,6% contro il 37,2% della Toscana, le fatture elettroniche al 16,1% contro il 26,1% della Puglia, i dipendenti degli enti pubblici dotati di Internet sono appena il 59,5% contro il 77,6% della media nazionale”. “La percentuale di computer per dipendente nei comuni siciliani è del 58,9%, nel resto d’Italia dell’80,7%, mentre in Veneto c’è addirittura più di un pc a dipendente con il 101,6% – ha concluso Mazzola – Senza contare il wi-fi gratuito, che nell’isola è presente nel 18,7% dei comuni, in Emilia nel 53,2% e in Puglia nel 50,3%. E solo il 55,7% delle imprese isolane ha un sito web, contro l’83,1% dell’Emilia”.
“Costruirsi in casa un sito internet per l’e-commerce costa meno di mille euro – ha aggiunto Pietro Sella – Negli Usa le start up hanno creato 30 milioni di posti di lavoro in 10 anni, tre milioni all’anno, quindi il sistema funziona. Bisogna puntare sui giovani, sostenere le loro iniziative e non avere pregiudizi nei confronti del digitale: per ogni posto di lavoro che elimina ne crea due nuovi, ben 800 mila nel solo 2013. Nell’indice dell’intensità digitale l’Italia è al 27mo posto, eppure recuperando appena metà del gap con la Gran Bretagna il Pil crescerebbe del 4%. I siti internet delle aziende devono aprirsi all’estero, avere versioni in più lingue, incrementare l’offerta digitale e le possibilità di acquisto online. Un russo sarà disposto a pagare 30 euro per un Nero d’Avola che in Sicilia si paga 5 euro. Ma il sito dell’azienda che lo vende deve avere una versione in russo”.