Matteo Lepore è presidente della commissione Innovazione dell’Anci, oltre che assessore per l’Agenda digitale e la Smart city del Comune di Bologna, e sta seguendo per l’associazione dei Comuni il percorso verso la digitalizzazione dei servizi ai cittadini.
Presidente Lepore, cosa non ha funzionato nel caso della Cec Pac?
Il Decreto anti-crisi del novembre 2008 voleva sostenere cittadini e imprese, promuovendo le nuove tecnologie come strumento di semplificazione e risparmio. Ma subito è stato evidente che il punto debole fosse nel fatto che si assegnava a un unico tipo di Pec il valore di mezzo esclusivo per il dialogo con la PA. Spesso le amministrazioni avevano già provveduto a introdurre la Pec e i cittadini avevano anche propri indirizzi acquisiti sul mercato. Si è generata confusione. Solo recentemente si è chiarito nuovamente che la Pec valida per comunicare con la PA non è solo la Cec-Pac ma tutte le caselle rilasciate da gestori accreditati e reperibili sul mercato.
E sul piano operativo?
Dal cittadino la Pec è mal vista, perché il processo di rilascio è complicato ed è una ulteriore casella di posta da gestire. Spesso passa l’idea che essere più facilmente raggiungibili dalla PA non sia un fatto positivo, c’è il luogo comune che “arrivano solo scocciature”.
Si può “rivitalizzare” il sistema?
L’unico modo è creare anche per i cittadini il registro delle Pec. Sarà uno dei contenuti della nuova Anagrafe nazionale della popolazione residente, e richiede ancora tempo. A oggi l’operatività della Pec è simile a quella del fax: non è integrata con i sistemi aziendali e quindi c’è bisogno del data entry manuale. A Bologna ad esempio è stata realizzata una soluzione per supportare l’operatore nella gestione dei documenti ricevuti via Pec, automatizzando le attività di scarico, archiviazione, protocollazione e di avvio dell’iter interno.
C’è il rischio che si passi a una burocrazia digitale?
Per stimolare e abituare i cittadini non bisogna appesantire il processo di riconoscimento creando troppi vincoli, pur nel rispetto dei criteri di sicurezza. Al di là dell’attuale scarsa usabilità della Pec attraverso tablet e smartphone, i benefici sarebbero maggiori per tutti adottando soluzioni per l’erogazione di servizi on-line basate su applicazioni. Questa interattività garantirebbe ai cittadini la possibilità di essere guidati ed aiutati, mentre alla PA permetterebbe l‘effettiva automazione dei processi.
Come passare ai servizi online basati su applicazioni?
In due modi principalmente, con la consegna al cittadino di strumenti o credenziali per l’identificazione in rete e con servizi applicativi multicanale/multidevice. A Bologna, ad esempio, abbiamo scelto un approccio basato su diversi livelli: credenziali meno “forti” vengono rilasciate attraverso l’autoregistrazione online dell’utente e possono essere utilizzate per servizi a basso impatto “giuridico”, mentre credenziali più “sicure” devono invece essere consegnate attraverso un processo che prevede il riconoscimento del cittadino secondo i requisiti richiesti dal sistema regionale Federa. Sul versante applicativo, ad esempio, sono già disponibili servizi tributari, anagrafici, per la scuola e la mobilità. Il passo ulteriore che si rende necessario è rivolto alla personalizzazione del sistema di accesso ai servizi. Ci stiamo ponendo l’obiettivo di riuscire a raccogliere e presentare in maniera unificata tutti i contatti del cittadino con la PA, rendendo disponibile un accesso profilato ai servizi online su misura, personalizzato a seconda delle esigenze.
Lepore (Anci): “Cec-Pac, il futuro è nelle app”
Parla il presidente della commissione Innovazione dell’associazione dei Comuni: “Più interazione con i servizi online della PA anche via smartphone e tablet”
Pubblicato il 04 Feb 2014
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