Pubblicare su internet un link che rimanda ad una fonte coperta da copyright, ma ospitata su un sito accessibile gratuitamente, non richiede l’autorizzazione preventiva del titolare del contenuto. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue in un’attesa sentenza emanata nel corso della mattinata e in tutta evidenza destinata ad avere un significativo impatto sul dibattito al fulmicotone che da anni assedia la disciplina del diritto d’autore in Europa. I giudici del Lussemburgo erano chiamati a decidere sul ricorso presentato da alcuni giornalisti svedesi contro la società Retriever Sverigeì, sul cui sito web erano comparsi link diretti ad articoli pubblicati dalla versione online – non a pagamento – della testata Göteborgs-Posten.
“Il proprietario di un sito web – scrive la Corte – può, senza l’autorizzazione del titolare del contenuto, reindirizzare utenti internet attraverso collegamenti ipertestuali a opere protette da copyright accessibili gratuitamente su un altro sito”. Questo principio, puntualizzano i giudici, “si applica anche qualora gli utenti che clicchino sul link abbiano l’impressione che l’opera venga loro mostrata dal sito contenente il link stesso”.
Al centro del contenzioso era l’estensione anche ai collegamenti ipertestuali su Internet della fattispecie sulla “comunicazione pubblica”, ovvero il mettere un’opera a disposizione di un pubblico indeterminato e cospicuo, che in base alla direttiva europea del 2001 comporta un preventivo via libera dell’autore. La Corte ha ammesso questa possibilità, ma solo nel caso in cui il sito web che ospiti il link si rivolga ad un “pubblico nuovo” rispetto al portale su cui è presente l’opera. Cosa che, tenuto conto della struttura per definizione aperta di Internet, appare difficile da provare. Al contrario, l’autorizzazione è invece obbligatoria quando il contenuto è fornito in abbonamento o protetto da misure specifiche.
Come spiega il giurista esperto di diritto d’autore Fulvio Sarzana, “la sentenza sembrerebbe aver dunque adottato una soluzione di compromesso tra coloro (i titolari dei diritti d’autore) che intendevano adottare una definizione rigida di “comunicazione al pubblico” di un’opera protetta dal diritto d’autore, ed i fautori di una libera circolazione delle opere su internet che evidentemente non ritenevano il linking un caso di nuova comunicazione al pubblico, con tutte le conseguenze del caso”.
Il diritto d’autore incarna da tempo una delle più dolorose spine nel fianco dell’Unione europea, consegnato com’è ad un quadro legislativo al contempo incompleto, frammentato (ben 9 direttive!) e ormai molto antiquato. L’ultima direttiva europea sulla materia risale ormai al 2001, e nel corso degli ultimi dieci anni più di un tentativo di riformarla è naufragato clamorosamente sotto il peso di conflitti tra lobby e veti incrociati esercitati dai paesi membri. La Commissione Ue ha lanciato in dicembre l’ennesima consultazione pubblica sul tema come parte di un rinnovato sforzo a rivedere e aggiornare le norme europee. Il titolare europeo al mercato interno Michel Barnier ha anche annunciato proprio la settimana scorsa la presentazione entro l’estate di un libro bianco. Certo è che, come accaduto sovente negli ultimi anni, se l’Ue non si rimbocca le maniche, la disciplina europea sul copyright continuerà a farsi a colpi di sentenze della Corte europea.