Emilio Pucci è fondatore e direttore di e-Media Institute, società di analisi e consulenza strategica nelle industrie dei media. Due sedi, una a Milano e una a Londra, ne fanno un osservatorio privilegiato del settore.
Il Rapporto Caio indica l’audiovideo online come leva per la domanda di banda ultralarga: un legame da lei verificato, dal suo osservatorio?
Indubbiamente. Si tratta di una delle grandi leve del mercato del traffico broadband. In America del Nord il traffico generato da Netflix nei momenti di picco vale circa il 30% del totale traffico dati su reti fisse. Ma è importante ricordare che da 20 anni, cioè fin dai tempi delle cosiddette “autostrade dell’informazione”, nel 1993, il tema è sempre lo stesso: si auspica e si attende che il Vod (Video-on-Demand) cresca perché possa remunerare i capitali (eventualmente) investiti nella realizzazione di reti ad alta velocità. Ma questo non accade perché nel frattempo pur crescendo offerta e domanda di contenuti audiovisivi crescono le capacità trasmissive delle altre reti (terrestre, satellitare e poi anche rete mobile). Esiste cioè un gap che non si colmerà mai e allora diventa indispensabile un forte e consistente intervento pubblico in grado di sostenere la creazione di una infrastruttura “a vocazione universale” e inizialmente diseconomica. Rimane il problema che è necessario fare una riflessione, come giustamente il rapporto suggerisce, sui fattori che frenano lo sviluppo del nuovo mercato audiovisivo digitale.
L’Italia è appena agli inizi…
Le offerte di film e serie Tv on-demand totalizzano ancora pochissimi milioni di euro. Nel Regno Unito il mercato si attesta attorno ai 600 milioni e in Francia, anche grazie allo straordinario sviluppo della Iptv, vale più di 300 milioni. Le offerte lanciate finora hanno stimolato un mercato di nicchia ma ancora non hanno creato un fenomeno di massa. Manca un operatore aggressivo in grado di attrarre le utenze e far saltare la struttura attuale delle finestre di sfruttamento del film, valorizzando quella dello SVoD (Subscription Video-on-Demand). Per ora il mercato è ancora Tv centrico. Il vero SvoD, quello reale, utilizzato da un pubblico di massa in Italia è, di fatto, quello gratuito offerto dalla pirateria. È veramente impressionante come può essere facile vedere da casa, in streaming, un film in prima visione in sala cinematografica…
Perché Netflix ha deciso per ora di non sbarcare in Italia?
Netflix dosa gli sforzi in Europa, il continente più difficile non solo per la presenza attiva di LoveFilm (Amazon) ma anche per la forza dei broadcaster che presidiano fortemente il mercato dei diritti. Rispetto a Francia, Germania e agli altri Paesi il mercato italiano non ha ancora dato segnali di crescita. Non appena ci saranno e si creerà più disponibilità da parte delle major, allora Netflix farà la sua mossa. Magari con un partner nazionale…
Quali sono gli ostacoli allo sviluppo del mercato del video online?
È un cane che si morde la coda. La pirateria non viene scalfita da offerte legali sostitutive e attraenti. Le offerte legali esistenti soffrono per eccesso di pirateria. Internet è un po’ una sorta di “eldorado”: funzionano e hanno successo quei servizi che ad un certo punto offrono a condizioni vantaggiose ciò che prima era difficile o costoso ottenere. Ad un certo punto scopro che con Skype posso parlare gratis con un amico in Australia; poi scopro che con WhatsApp non pago più gli sms e neppure gli mms. E ancora: scopro che posso ascoltare gratis tutta la musica che voglio con Spotify; poi scopro che con solo $7.99 posso avere una grande cineteca e guardare il tutto illimitatamente (Netflix). Ecco, come dicevo, nel video online italiano manca ancora quell’effetto “eldorado”… Ora, senza estremizzare, basterebbe creare un effetto di “forte vantaggio” (di prezzo, di assortimento) per sbloccare il circolo vizioso. Questa è una battaglia che si combatte e si vince fra i 6 e i 7 euro al mese.
Chi si avvantaggia da una “rivoluzione” online del video?
I broadcaster, pubblici e privati, della Tv gratuita e di quella a pagamento (Rai, Mediaset, Sky, la7, Discovery etc.) sono i principali attori del mercato audiovisivo nazionale. Mentre competono sul versante delle audience, della spesa delle famiglie e delle imprese (pubblicità) dovrebbero, a mio parere, porsi il problema della vitalità futura del sistema audiovisivo nazionale. Questo, entro 10 anni non sarà più in grado di produrre e di generare prodotto originale. È in corso un impoverimento strutturale della capacità di creare prodotto ed è questo il nodo più importante. Da sempre sono convinto che gli operatori dovrebbero dare spazio a iniziative di cooperazione per valorizzare il loro ruolo e dare impulso al settore. Senza una ripresa della vitalità dell’industria audiovisiva nazionale il sistema si impoverisce e il mercato diventa un semplice mercato di aggregatori. Se Internet potenzia la distribuzione ma impoverisce la produzione mi pare un problema serio…
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Emilio Pucci: “Video, il vero mass market in Italia lo offre la pirateria”
Il direttore di e-Media Institute: “L’audiovideo online è una delle grandi leve del mercato del traffico broadband. Purtroppo nel nostro Paese le offerte legali sono ancora troppo poche e poco attrenti: manca un effetto Eldorado che renda facile e poco costoso l’accesso ai contenuti”
Pubblicato il 17 Feb 2014
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