Solo il 7% dei Chief Digital Officer (Cdo) si trova in Europa, contro l’88% negli Usa, eppure questa figura professionale emergente in grado di “attraversare” trasversalmente vari settori di competenza – dal marketing alla gestione del personale, dall’Ict alla comunicazione – è in costante crescita numerica nel mondo.
Sono dati che emergono dal Chief Digital Officer Talent Map, uno studio che sarà presentato ad aprile, di cui il Corriere delle Comunicazioni è in grado di offrire un’anticipazione, elaborato da David Mathison (nella foto), imprenditore, esperto di new media e scrittore ma soprattutto founder del Cdo Club e curatore del Chief Digital Officer Summit, evento annuale su questi temi che si svolge a New York.
La ricerca è basata su interviste a 50 Chief Digital Officer– impegnati a lavorare in collaborazione con tutte le unità di business di un’azienda fungendo da supporto agli altri dirigenti per decisioni, piani di crescita e rischi associati alla “rivoluzione digitale” – più decine di altri top manager in area digitale. Lo scopo è comprendere la portata di questo fenomeno iniziato, come di consueto, negli Stati Uniti alcuni anni fa, ma che ancora tarda ad imporsi in Europa e in Italia.
Tra i dati più significativi è emerso che le assunzioni di Cdo sono raddoppiate ogni anno dal 2005, quando il primo Chief Digital Officer, Jason Hirschhorn, è stato assunto da Mtv. Secondo Mathison il loro numero a livello internazionale raddoppierà ancora nel 2014, raggiungendo quota 1000 entro l’anno.
Il 40% di tutti i Cdo sono nell’industria dell’advertising, poi nei media e nell’editoria (rispettivamente con il 15%), ma è interessante notare che il 9% ha trovato lavoro nel no profit. Secondo il curatore dello studio questo settore “è destinato a riempirsi” di Cdo e Chief Data Officer.
Si tratta di una professione molto maschile: l’80% sono uomini. Per quanto riguarda la collocazione geografica è una figura ancora molto Usa-centrica: come abbiamo scritto sopra, l’88% lavora negli Usa. Di questi il 57% risiede nel nordest, mentre solo il 16% è nella West Coast.
Perché non ci sono molti Cdo nella Silicon Valley? “Perché se sei una digital firm, un’azienda nativa digitale come Google o Netflix, non ne hai bisogno” è la risposta del curatore della ricerca.
In Europa, invece, come abbiamo visto, questi executive sono soltanto il 7% del totale e lavorano principalmente nei media.
La Talent Map rivela anche gli stipendi: in media un Cdo guadagna dai 250mila ai 500mila dollari all’anno, fino a punte di 700mila.
Quanto alla posizione all’interno dell’azienda, per l’80% c’è stato un passo successivo di carriera: dopo aver ricoperto l’incarico di Cdo, il 28% è stato ceo, il 14% presidente e il 12% senior vice president. “È un gruppo che procede verso i gradini più alti” è il commento di Mathison. Inoltre il manager è convinto che i Cdo debbano riportare direttamente al ceo e al consiglio di amministrazione.
“Essere un Chief Digital Officer – conclude – significa molto più che introdurre miglioramenti in ambito digitale. Significa dare avvio a una serie di cambiamenti di sistema che siano scalabili nell’ambito dell’intera organizzazione e siano in grado di cambiare il modo in cui si fa business”.
Tra gli esempi più interessanti di Chief Digital Officer c’è la 29enne Rachel Gorelick Sterne Haot, già fondatrice di start up e docente universitaria, che ricopre questo incarico per la Municipalità di New York. Anche i Repubblicani hanno nominato un loro Cdo, Chuck De Feo, con l’obiettivo di sconfiggere alle prossime elezioni la macchina comunicativa guidata con successo nel 2012 da Michael Slaby, Chief Integration and Innovation Officer del presidente Barack Obama.
In Italia, invece, il fenomeno è agli albori. Tra i pochi a vantare un Chief Digital Officer c’è Messaggerie Italiane, che ha scelto per questo ruolo Vincenzo Russi.