“Ogni Paese si può permettere al massimo un grande hub di start up, non di più. E Roma ha tutti gli elementi per diventarlo, a patto che arrivi il venture capital”. La pensa così Gianmarco Carnovale, presidente di Roma Startup, associazione nata da circa un anno che si pone come luogo di confronto e coordinamento tra i membri dell’ecosistema dello startupping della capitale. Contribuendo all’eterno dibattito sulla rivalità Roma-Milano, declinato però questa volta sul tema “imprese innovative”, Carnovale spiega: “Guardiamo con interesse a quello che fa Milano e siamo contenti se riuscirà a valorizzare quello che ha al suo interno, ma i nostri modelli sono le grandi metropoli: Londra, New York, San Francisco, Boston, Tel Aviv, Singapore. E riteniamo di avere molti elementi che possano farci avvicinare a questi modelli”.
Quali?
Roma è da decenni il più grande campus universitario d’Europa: abbiamo 300mila studenti universitari, Barcellona ci segue a distanza con 200mila. Questi giovani sono la nostra risorsa primaria per la creazione di imprese innovative. Il Lazio è la regione d’Italia con la maggior percentuale di cittadini laureati. Guardando in dettaglio al mondo delle start up, nella capitale c’è un ecosistema particolarmente ricco. Tra gli associati a Roma Startup, sul fronte della formazione posso citare InnovAction Lab, associazione non-profit nata nel 2011 per sostenere i giovani aspiranti imprenditori, il Founder Institute, acceleratore d’impresa ideato nel 2009 dall’imprenditore seriale della Silicon Valley Adeo Ressi e sbarcato l’anno scorso a Roma, l’ImprendiLab dell’Università degli Studi di Cassino, la John Cabot University. Nella capitale è nato l’acceleratore di imprese dell’Università Luiss, LuissEnlabs. C’è Working Capital, acceleratore di Telecom Italia. Ci sono realtà corporate che si occupano di start up come Enel Lab. Ci sarebbero ancora molti nomi da fare. Senza parlare dei tanti potenziali mentor e business angel.
Però Roma non figura ancora nella Top20 dei migliori ecosistemi per startupper del mondo. Cosa le manca?
È vero: tra le principali start up city ci sono Bangalore, Santiago del Cile, Sao Paulo e persino centri dell’Africa subsahariana, ma non la capitale. Ritengo che ci manchi l’ultimo anello, che è quello dei grandi operatori di venture capital. Oggi l’ecosistema è completo, ma con quest’ultimo passaggio dovremmo riuscire a perfezionare lo schema e diventare una delle grandi start up city mondiali.
Dove scovare gli operatori di venture capital?
Oggi come oggi si trovano in tutto il mondo. Roma avrà un suo territorio di attrazione che speriamo vada oltre i confini nazionali: puntiamo sul bacino del Mediterraneo e sul sud Europa. E non bisogna dimenticare che i fondi che dovrebbero raccogliere i venture capital ci sarebbero già, perché la capitale d’Italia è la terza città europea per presenza di famiglie multimilionarie.
Non teme che gli investitori siano scoraggiati dai disservizi?
Sono i disservizi di una grande metropoli. Ma identificare Roma con una certa mala-politica è una distorsione della realtà fatta da altre regioni, che forse hanno come fine ultimo la distorsione dei fondi a noi destinati.
È anche un problema di comunicazione?
Certamente abbiamo bisogno di una migliore visibilità. Dobbiamo comunicare meglio chi siamo e cosa facciamo in Italia ma anche all’estero. Abbiamo poco da invidiare ad altre realtà che invece sono percepite in modo positivo. Per esempio chi sa che a Roma stanno nascendo almeno una cinquantina di start up all’anno?
Che cosa sta facendo Roma Startup?
La nostra mission è mettere in collegamento i vari mondi che compongono l’ecosistema romano delle start up. Non siamo un sindacato di categoria, siamo trasversali: i nostri associati vanno dalle università ai consorzi, dalle Pmi alle grandi imprese. Dopo un anno e mezzo di lavori preparatori e incontri con i vari soggetti coinvolti, pochi giorni fa Roma Startup ha chiamato per la prima volta a raccolta tutti gli associati e i rappresentanti delle istituzioni nella sede di Working Capital. È stato un po’ il fischio d’inizio e l’occasione per un confronto collettivo con i rappresentanti del ministero dello Sviluppo economico e della Regione Lazio. Peraltro in quel contesto è stata anche annunciata la nascita, in seno alla Regione, di una Commissione dedicata alle start up. Perché le risorse economiche da destinare agli startupper ci sono.
Cos’altro servirebbe?
Un grande evento. Penso a un evento business-oriented, con un proprio brand, senza prendere in prestito marchi da soggetti terzi. Anche così potremmo attirare venture capitalist nella nostra città.