L’eventuale fusione Gvt-Tim Brasil potrebbe essere più fattibile se i soci italiani di Telco uscissero dalla holding. È la previsione che fa La Repubblica spiegando che se Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo all’assemblea di aprile promuovessero un lista per un nuovo cda che fosse indipendente da Telefonica, a quel punto l’operazione Telecom-Vivendi potrebbe essere perlomeno analizzata come avviene in tutte le public company.
Il passo successivo – secondo il quotidiano – sarebbe lo scioglimento di Telco a giugno con le azioni Telecom e la quota parte di debiti assegnata a tutti i suoi soci. Si tratta di una prospettiva che valorizzerebbe ulteriormente il titolo facilitando la dismissione delle azioni sul mercato da parte di Mediobanca e Generali.
Ma questa opzione, secondo la ricostruzione, che sicuramente verrà ostacolata da Telefonica con una richiesta di proroga del patto Telco fino a febbraio 2015 in virtù del fatto che con la scissione gli spagnoli diventerebbero il primo azionista singolo di Telecom (con il 13-15%) con conseguenze negative sul fronte dell’antitrust brasiliano.
Ieri l’Ad di Telecom Italia, Marco Patuano, ha chiarito che non ci sono negoziati in corso o offerte riguardanti la vendita di Tim Brasil. Incontrando la stampa dopo il summit con il ministro brasiliano delle Comunicazioni, Paulo Bernardo, l’Ad ha ribadito che “il Brasile è un mercato chiave. Non ci sono trattatative per una fusione Tim Brasil-Gvt, che resta in una chiara posizione complementare”.
Patuano ha inoltre aggiunto che Tim Brasil sta aumentando gli investimenti nel paese sudamericano, a 4 miliardi di real nel 2014 e a 11 miliardi di real entro il 2016.
In occasione della presentazione del bilancio 2013, anche il ceo di Tim Brasil Rodrigo Abreu, aveva evidenziato che la società ”è strategica” per Telecom e la capogruppo ”non ha interesse a venderla”, così come non ci fosse “nessun processo di vendita in corso”.
Nonostante i chiarimenti però il mercato continua a credere a benefici derivanti da una fusione con Gvt. Secondo Barclays la fusione tra le due unità brasiliane di Telecom Italia Vivendi creerebbe il quarto operatore “integrato” del Paese, in grado di dare filo da torcere ai concorrenti. Gli analisti calcolano che se l’operazione fosse realizzata – il 50% cash e il 50% con scambio azionario – Telecom raggiungerebbe due obiettivi: mantenere il controllo e neutralizzare l’impatto dei parametro sul debito. L’assunzione di base è che Gvt possa valere 6,5 volte l’ebitda. In questo contesto , pagando la metà in contati, Telecom si manterrebbe al 53% del merger, con Vivendi vicina al 20% e il mercato poco sopra il 27. Dal 2016 la fusione, secondo Barclays, sarebbe “accrescitiva” sotti il profilo free cash-flow.
L’interesse di Vivendi per Tim Brasil era stato riportato dal quotidiano O Estado de Sao Paulo, che parlava addirittura di colloqui preliminari, successivamente smentiti dalla stessa Tim Brasil. L’eventuale deal, oltre a generare interessanti e un consistente aumento del market share, darebbe vita a una grande compagnia fisso-mobile, dato che la società guidata da Vincent Bollorè è presente in Brasile con Gvt, operatore in banda larga fissa. In questo senso va ricordato che Tim Brasil possiede due anelli in fibra – a Rio e San Paolo – complementari alle infrastrutture di Gvt; condizione, questa, che consentirebbe di accelerare sulla banda ultralarga in fibra. Delle potenzialità di un’integrazione tra Gvt e Tim Brasil parla da tempo Marco Fossati, numero uno di Findim, che poi le ha rilanciate, mettendole nero su bianco sul suo piano per Telecom Italia.
Secondo Fossati “la fusione tra Tim Brasil e Gvt, la controllata di Vivendi in Brasile che opera nella telefonia fissa, avrebbe molto più senso di una cessione”
”Con i due anelli in fibra che Tim possiede a San Paolo e Rio de Janeiro e i contenuti prodotti dalla casa madre francese – spiega l’imprenditore – si potrebbe arrivare a un’offerta multipla: Internet, fisso, mobile, tv, clouding. Consolidare così la presenza nel Paese e competere con Claro e Vivo che già offrono questi servizi”.
Si potrebbero però ”certamente” studiare anche altre alleanze con i francesi, spiega il socio Telecom: ”Dal momento che Vivendi controlla sia una quota importante dell’operatore francese Sfr sia Gvt – chiede – perché non studiare un aumento di capitale di Telecom riservato a Vivendi a cui questa potrebbe partecipare apportando i propri asset telefonici, e creando così valore?”