La risorsa naturale del futuro sono i dati, e le aziende che riusciranno a sfruttarli saranno quelle che vinceranno la competizione del mercato.
Ibm scommette sui dati tramite il cloud e, soprattutto, sull’integrazione dei servizi. La chiave, spiega al Corriere delle Comunicazioni Erich Clementi, vice presidente Global Technology Services, è portare avanti lo sviluppo della strategia cloud nelle tre aree che Ibm ha individuato come vitali. “I dati come risorsa naturale – ha detto Clementi a margine dell’edizione 2014 di Pulse, l’evento per il cloud Ibm in corso in queste ore a Las Vegas – sono la prima cosa, ma c’è anche il cloud, che è il mezzo per far funzionare i servizi per il business e infine la velocità di sviluppo e la flessibilità, che servono per adattarsi costantemente alle condizioni di mercato, sempre in corso di cambiamento”.
Ibm ha avviato la nuova edizione di Pulse con l’annuncio di una serie di nuovi servizi per il suo cloud, mettendo a fuoco un punto strategico centrale: le persone che usano questi servizi. Si tratta dei business leaders delle aziende, degli sviluppatori e dei manager IT. Sono le tre categorie per le quali deve essere offerta una serie di servizi convergenti sempre più semplici da utilizzare e capaci di interagire con i differenti prodotti e servizi dell’azienda grazie al cloud.
“La chiave, il primo passo – ha spiegato al Corriere delle Comunicazioni Robert LeBlanc, senior vicepresident dell’area Middleware dell’Ibm Software Group – è l’utilizzo degli standard aperti. La parola chiave è “open”. CloudFoundry e la nascente fondazione basata sull’open stack di tecnologie e standard per tutto il mercato è la base. Così come BlueMix, la nostra tecnologia cloud per dare una platform-as-a-service ai nostri clienti pensata con i servizi di integrazione, la mobilità, i dati e la sicurezza fin dal principio”.
Secondo Ibm il mercato delle grandi e medie imprese si sta spostando sempre più verso requisiti di mobilità per tutte le applicazioni aziendali, che la prossima generazione di utenti vorrà utilizzare su tablet e smartphone, come già buona parte dell’attuale generazione sta cominciando a fare.
Ibm a gennaio aveva annunciato investimenti per 1,2 miliardi di dollari nel suo cloud, compresa la costruzione di 15 nuovi datacenter (arrivando così a un totale di 40) in tutto il mondo. Assume un ruolo strategico, secondo gli analisti presenti a Ibm Pulse, SoftLayer, azienda texana acquisita da Ibm lo scorso giugno e base della Ibm Cloud Services Division. SoftLayer, che è specializzata in managed hosting e cloud computing è diventata la chiave per portare in questo ambiente virtuale una serie di risorse hardware e software.
“Se un’azienda va nel cloud – ha detto Tom Rosamilia, senior vice president di Ibm Technology Group – si deve ancora preoccupare dell’hardware? In realtà no, perché c’è chi ci pensa per dare aggiornamenti e nuova capacità di performance”. La tecnologia dei datacenter Ibm segue adesso infatti la strategia basata sull’idea che sia tutto software designed: la richiesta di capacità di calcolo del software viene infatti utilizzata come base per aggregare le risorse tecnologiche hardware e non viceversa.
“Quello che tutti stanno capendo – ha detto LeBlanc – è che sono finiti i tempi in cui le aziende potevano permettersi di avere 18 mesi per sviluppare nuove applicazioni al costo di milioni dollari. Oggi hanno al massimo 18 settimane e devono riuscire ad andare veloci, seguendo standard aperti e con sistemi sempre più integrati e flessibili”.
Pulse si concluderà nel fine settimana. Quest’anno hanno partecipato circa 10mila persone, tra partner e clienti Ibm. Oltre a BlueMix Ibm ha anche annunciato l’acquisto di Cloudant, azienda specializzata nella gestione dei database-as-a-service nel cloud.