Duro colpo per gli appassionati di Bitcoin: MtGox, piattaforma giapponese che è tra le maggiori a trattare la valuta virtuale, mai certificata da alcun ente regolatore, ha chiuso tutte le transazioni e sbarrato ufficialmente le porte del sito, facendo crollare il valore della moneta digitale e contribuendo ad alimentare speculazioni sulla sua effettiva stabilità.
Oggi sul sito www.mtgox.com, non più operativo, appare solo il seguente annuncio: “A seguito di recenti notizie e delle potenziali ripercussioni sulle operazioni e sul mercato di MtGox, è stato deciso di chiudere tutte le transazioni in essere in modo da proteggere il sito e i suoi utenti. Continueremo a monitorare la situazione e reagiremo in modo conseguente”.
Nel comunicato non è chiaro il riferimento alle “recenti notizie”, ma potrebbe riferirsi a un documento attribuito a MtGox, circolato online nelle ore precedenti alla chiusura, in cui era scritto che sulla piattaforma si erano in pratica dileguati oltre 740mila Bitcoin, una perdita equivalente a circa 350 milioni di dollari.
Tutto era iniziato qualche giorno fa, quando Mark Karpeles, numero uno di MtGox aveva denunciato una falla nel sistema, bloccando le operazioni di ritiro dei fondi da parte dei clienti. Una sospensione che in pochi istanti aveva fatto crollare il valore di Bitcoin su MtGox. Ieri Karpeles ha rassegnato le dimissioni dal consiglio d’amministrazione di Bitcoin Foundation e oggi MtGox è sparito nel nulla, insieme al suo account Twitter (ripulito), scatenando il panico fra le migliaia di utenti che hanno un conto sull’exchange nipponico.
Intanto Karpeles, dopo che il sito è diventato inaccessibile ha detto: “Faremo un annuncio ufficiale molto presto. Per ora non posso rivelare altro perchè ci sono altre parti coinvolte”.
Dopo il blocco della piattaforma con sede a Tokyo, il valore di Bitcoin è sceso a 470 dollari rispetto ai 550 di poche ore prima.
Dopo questo episodio alter società impegnate nello scambio di Bitcoin hanno diffuso un comunicato congiunto in cui sostengono che stanno lavorando per “ristabilire la fiducia sconquassata dal fallimento di MtGox”. Nello stesso documento si sostiene che la chiusura della piattaforma “è stato il risultato di operazioni della singola compagnia e non si deve riflettere sulla capacità di tenuta o sul valore di Bitcoin e dell’industria della valuta digitale”.
La chiusura della piattaforma nipponica è costata a molti trader tutto il denaro investito nella valuta virtuale, di cui sono attualmente in circolazione nel mondo oltre 12 milioni di pezzi.
Su Bitcoin e su una sua possibile certificazione come valuta legale è in corso un dibattito internazionale. Di recente l’Eba (European Banking Authority) ha annunciato la futura pubblicazione di un documento in cui metterà in guardia dai rischi di “violente fluttuazioni delle valute elettroniche”, così come dal pericolo che “i portafogli digitali” in cui si registra la proprietà questi titoli possano esser preda di hacker e pirati informatici.
Il monito dell’Eba segue quello lanciato nei giorni precedenti dalla Banca centrale della Cina, che è stata anche più drastica nel mettere in guardia il pubblico dal Bitcoin. Ha infatti ordinato a banche e istituzioni finanziarie di non usare Bitcoin, dando così un duro colpo alle quotazioni della valuta, fino a quel momento particolarmente apprezzata proprio dai cinesi.
Meno ostili erano invece apparse in precedenza le posizioni dalle autorità Usa, in particolare della Federal Reserve che aveva parlato di una possibile utilità di questa pseudo valuta.
La Security and Exchange Commission (Sec) aveva indicato la possibilità di prendere in considerazione Bitcoin come una security e quindi ritenerla oggetto di regolamentazione. Il nodo del problema, al momento, è non c’è alcuna autorità centrale che governi il valore di questa moneta virtuale, ma solo la legge della domanda e dell’offerta.