Accelerare la roadmap dell’Agenda digitale. Spingere sulle reti Ngn. Favorire la cooperazione della “filiera” Ict affinché si possa davvero fare sistema. E mettere mano a riforme importanti, come quella del lavoro, per offrire concrete opportunità di occupazione ai talenti digitali ma anche per consentire alle aziende di focalizzare l’attenzione su attività di ricerca e innovazione e quindi di crearsi maggiori chance di crescita futura. Queste le richieste messe nero su bianco sul nostro giornale a inizio 2013 dai presidenti delle maggiori associazioni Ict e i numeri uno delle principali aziende del comparto.
Da Enrico Letta a Matteo Renzi, le priorità non cambiano, anzi si guarda al nuovo premier come a una figura che possa imprimere una svolta, non foss’altro per l’attenzione al tema dell’Agenda digitale e dell’innovazione mostrato nel corso dei mesi.
“Se si vogliono stimolare gli investimenti da parte delle aziende è necessario dare loro un quadro di riferimento chiaro relativamente alle azioni e ai criteri che la Pubblica amministrazione intente adottare nei prossimi anni – sottolinea il presidente di Confindustria Digitale Stefano Parisi -. In una logica pre-competitiva le imprese fornitrici devono avere questo quadro di riferimento per riorganizzare la struttura dell’offerta, adottare le best practice internazionali, riaprire in Italia attività di ricerca. Anche gli attuali fornitori delle Pubblica amministrazione devono essere in grado di far evolvere la loro offerta per poter seguire l’inevitabile cambiamento di direzione imposto dalla trasformazione della Pubblica ammibnistrazione”. Secondo Parisi “si dovrà dare un impulso chiaro alle amministrazioni , ottimizzare l’uso dei fondi comunitari e regionali, eliminare gli inutili ostacoli creati anche di recente con l’emanazione del decreto scavi”.
Semplificare: questa la parola d’ordine che dovrebbe guidare l’azione pubblica nell’attuazione dell’Agenda digitale secondo il numero uno di Asstel Cesare Avenia. “Il 2014 l’anno della ripresa? Si può rispondere di sì solo se la semplificazione, da attuarsi in ogni livello organizzativo e grado procedurale della Pubblica amministrazione, nonché dai rapporti fra questa e i cittadini e le imprese, sarà identificato come il vero obiettivo da raggiungere attraverso i processi di digitalizzazione del Paese”. E poi è necessario “informatizzare” quella metà della popolazione italiana che ancora non usa Internet “se vogliamo che l’attuale circolo vizioso delle arretratezze e ritardi diventi il circolo virtuoso della ripresa e della modernizzazione – sottolinea Avenia -. Solo così riusciremo a supportare lo sviluppo degli investimenti in reti di nuova generazione e il raggiungimento dei target dell’Agenda digitale”.
Ma al nostro Paese serve una marcia in più: ne è convinto Elio Catania, presidente di Assinform. “Bisogna recuperare a tappe forzate nei settori e negli ambiti che fanno da collo di bottiglia: investire nella modernizzazione della Pubblica amministrazione, semplificare la vita amministrativa e fiscale delle imprese, fare in modo che i settori si integrino meglio tramite l’Ict. Gli investimenti per l’ammodernamento della Pubblica amministrazione devono avere priorità”.
Fra i maggiori ostacoli sul cammino quello culturale, evidenzia Cristiano Radaelli, presidente di Anitec, secondo il quale è sulla Pubblica amministrazione che bisogna stringere: “L’innovazione digitale può incidere potenzialmente per almeno due punti di Pil, a patto che i processi che essa comporta vengano fatti propri sia dal tessuto produttivo sia dalla Pubblica amministrazione”. E secondo Radaelli è bene “concentrarsi e promuovere uno o due grandi progetti che permettano di mobilitare e motivare la Pubblica amministrazione e l’industria, manager e impiegati, a intraprendere la strada del cambiamento.
Ma sarà molto complesso “cambiare dall’alto una cultura così radicata e pervasiva”, evidenzia Giorgio Rapari, presidente di Assintel il quale però vede due elementi di speranza “quello del ‘governo dei quarantenni’, che sfidiamo a uscire dalle vecchie logiche e a portare risultati concreti e quello del lavoro bottom-up sul territorio”. Rapari accende i riflettori anche sulla questione fondi: “Fa specie che abbiamo dovuto restituire alla Ue – per incapacità di utilizzarli – 40 dei 58 miliardi erogati allo scopo di diffondere il digitale quanto nella Pubblica amministrazione quanto nella società”.
A dire la loro anche i principali top manager del comparto. “È tempo che l’uso di Internet diventi un preciso dovere di cittadinanza, oltre che un appuntamento più o meno lontano sull’Agenda Digitale europea, i cui obiettivi più urgenti, va ricordato, riguardano la domanda e l’offerta di servizi digitali da promuovere e incentivare in tutte le sedi con l’impegno di soggetti pubblici e privati, su indirizzo della Pubblica amministrazione e delle imprese”, auspica Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia. La priorità per Gianluca Cimini, amministratore delegato di BT Italia è lo sviluppo di una rete Ngn “che tenga conto delle esigenze delle tante eccellenze italiane distribuite sul territorio, che contribuiscono in modo significativo all’economia del Paese e sono maggiormente attive sul fronte dell’internazionalizzazione del business”.
Priorità super-rete anche per il numero uno di 3 Italia Vincenzo Novari: “La condizione della rete fissa in Italia – sideralmente lontana dagli obiettivi europei per il 2020 – non consente di puntare sul digitale. Nessun obiettivo di crescita, e tantomeno le finalità dell’Agenda digitale, potranno essere raggiunte quando e come sarebbe necessario al Paese”. “Siamo il fanalino di coda in Europa. Certo, le risorse pubbliche scarseggiano ma l’impressione è che la gravità di questo ‘spread’ sia sottovalutata. Un Paese di piccole imprese creative e innovative e di straordinarie bellezze artistiche e naturali, deve puntare sul digitale se vuole creare lavoro e benessere”.
Senza un’adeguata rete internet, disponibile per tutta la popolazione, non sarà possibile fornire i servizi digitali del futuro, da cui passerà il rilancio dell’economia italiana: questa la tesi di Gianluca Baini, presidente Mediterranean Countries di Alcatel-Lucent. “Quindi portare la banda ultralarga a tutta la popolazione entro il 2020 sarà la vera sfida su cui bisognerà prendere concrete decisioni nel 2014”. E proprio il 2014 “rappresenterà per l’Italia un anno decisivo – ne è convinto il country manager di Facebook Italia Luca Colombo – poiché sarà l’opportunità, forse l’ultima, che attendiamo da tempo di far ripartire l’economia e i consumi, ritornando auspicabilmente ad essere un bacino interessante per i mercati esteri e per i consumatori di tutto il mondo, come è stato a lungo in passato”. Secondo Colombo serve “un serio impegno e la volontà di guardare al futuro attraverso il cambiamento, segnali di rottura rispetto al passato e l’ascolto dei bisogni del cittadino, oltre all’attuazione di manovre per velocizzare il processo di riqualificazione del potenziale italiano”.
Ma per mettere a segno gli obiettivi, soprattutto quelli di infrastrutturazione, “occorre procedere con le semplificazioni burocratiche per i permessi allo sviluppo di infrastrutture: semplificare ancora i regolamenti scavi ed i permessi per i siti per le antenne. È stato fatto un passo avanti ma non sufficiente sugli scavi”, ricorda Stefano Pileri, numero uno di Italtel. “E poi occorre stimolare la condivisione degli investimenti sulle infrastrutture e non invece aumentare la competzione sulle infrastrutture come stupidamente sta avvenendo in Italia. “Da un punto di vista più macro occorre agire sulla domanda interna. Ma dobbiamo fare sistema – sottolinea il ceo di Wind Maximo Ibarra – mobilitando subito le risorse nei settori cruciali per lo sviluppo: istruzione, formazione avanzata, start up e incentivi alle aziende affinché tornino ad assumere. Necessaria una riforma vera dello Stato con meno burocrazia e maggiore produttività e poi serve un’Agenda per l’Italia che guardi al futuro con una passione nuova”.
Anche per il mondo delle imprese però è la digitalizzazione della Pubblica amministrazione a rappresentare la chiave di volta: “La digitalizzazione della Pubblica amministrazione e la relativa semplificazione dei processi amministrativi è il vero driver per favorire l’opportunità di impresa e, di conseguenza, incoraggiare e pianificare nuovi investimenti da parte dell’industria”, evidenzia Alberto Calcagno, amministratore delegato di Fastweb il quale invita al rispetto dei tempi di attuazione dei progetti annunciati. “Il governo – continua – dovrebbe poi definire l’introduzione di misure di incentivo alla domanda di servizi digitali e all’alfabetizzazione informatica, coerentemente con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea”.
“Per sostenere lo sviluppo, non basta iniettare più tecnologia: occorre confrontarsi con le richieste di cittadini e aziende, valutare che cosa serve di più, introducendo nella Pubblica amministrazione il criterio della produttività, quindi del costo e del ritorno dell’investimento”, puntualizza Karl Manfredi, amministratore delegato di Brennercom.
“L’economia e la competitività dell’Italia potranno riprendersi solamente tramite l’innovazione e la digitalizzazione del Paese nel suo complesso. In questo, è fondamentale che la Pubblica amministrazione si ponga come esempio d’innovazione: una PA digitale che sappia imporre di fatto un salto di qualità all’intero sistema”, sottolinea Luisa Arienti, amministratore delegato di Sap Italia.
Ma secondo Roberto Loiola, vice presidente Western Europe di Huawei, è indispensabile anche il rinnovo dell’infrastruttura tecnologica della Pubblica Amministrazione: “In un momento in cui i tagli alla spesa pubblica sono all’ordine del giorno, un parco IT obsoleto è fonte di costi a fronte dei quali non deriva un ritorno in termini di innovazione e servizi al cittadino. I servizi di videoconferenza possono essere un esempio di come ottimizzare i costi e faciliare la comunicazione fra le varie aree della PA”. Altro enorme driver – sostiene Loiola – è il cloud. “Auspichiamo che il governo faccia seguito con azioni concrete alle priorità identificate nel rapporto Caio”.
Per favorire gli investimenti l’altra leva su cui fare forza sono le imprese: “Il governo deve concentrarsi maggiormente sul territorio e in particolare su quelle imprese che investono in nuove tecnologie. Lo strumento più idoneo è certamente il contributo diretto e/o l’incentivazione fiscale”, è il parere di Renato Farina, amministratore delegato di Eutelsat Italia.
Secondo Marco Icardi, numero uno di Sas “bisogna ripartire dal manifatturiero con una politica industriale che renda più efficiente l’organizzazione e metta l’Ict al centro. L’Agenda digitale non può essere un tema per addetti ai lavori. L’anagrafica unica nazionale, l’identità digitale e la fatturazione elettronica sono le priorità dell’Agenda digitale. La priorità del Paese è un salto di civiltà basato su nuove regole per far ripartire il lavoro e le relazioni industriali”. Anche sul fronte del sostegno ai progetti tecnologici “è necessaria un’accelerazione e un sostegno maggiore da parte del Governo affinché attraverso il digitale si possa migliorare la competitività delle aziende, semplificare la burocrazia a favore di nuovi servizi digitali di e-gov e e-health, aumentare la trasparenza e l’efficienza degli interventi statali e aiutare la nascita di nuove realtà imprenditoriali”, sostiene il numero uno di Microsoft Italia Carlo Purassanta.
Basta con gli alibi, invita Nunzio Mirtillo, amministratore delegato di Ericsson Italia. “La crisi non può essere un alibi per ripiegare verso atteggiamenti conservativi, soprattutto verso la macchina burocratica, ma deve rappresentare un’occasione affinché servizi e reti di nuova generazione diano all’economia lo slancio necessario. I privati sono pronti agli investimenti, ma per questo è indispensabile che la politica faccia la sua parte con norme attuative e tempi certi”. Secondo Mirtillo “Trasparenza, efficienza e sviluppo rimandano ad una politica industriale basata sull’innovazione digitale per rimuovere la burocrazia di cui il Paese è ostaggio”.
L’insieme degli interventi finora promossi dal Governo “dicono che la strada è tracciata nella giusta direzione”, dice Nicola Ciniero, presidente e amministratore delegato di Ibm Italia. “Tuttavia – continua – accontentarsi sarebbe un errore tanto è il ritardo accumulato nella tabella di marcia. Per questo ora va rotto ogni indugio premendo l’acceleratore sulle misure attuative e sull’adozione di una governance unitaria degli interventi”. Inoltre, sottolinea il numero uno di Ibm Italia “a quanti potrebbero indirizzare investimenti verso l’Italia vanno offerti segnali di certezza nelle regole, nei tempi e nei costi”. Il governo ha dalla sua anche la carta Expo 2015, che può rappresentare un volàno di nuove iniziative e anche l’occasione d’oro per mettere in moto una serie di iniziative da portare avanti nel lungo periodo per sostenere lo sviluppo della digital economy. “Sono fiducioso – sottolinea Agostino Santoni, amministratore delegato di Cisco Italia – che il Governo farà tutto il necessario per fare leva sull’opportunità eccezionale di Expo Milano 2015, che non sarà solo un grande evento, ma soprattutto un grande moltiplicatore per gli investimenti che saranno fatti: investimenti che permetteranno di realizzare infrastrutture ed ecosistemi virtuosi, che potranno davvero accelerare il passo dell’innovazione nel nostro paese”.
Da non dimenticare né da sottovalutare il ruolo dei cittadini: “L’Agenda digitale è un progetto che invita l’Italia a trasformarsi. Tale trasformazione deve coinvolgere la pubblica amministrazione, le imprese, ma anche e soprattutto i cittadini – sottolinea Stefano Venturi, amministratore delegato di Hp Italia -. Il fattore culturale, ossia la creazione e diffusione di cultura digitale per colmare il digital gap, rappresenta una sorta di anello mancante per dare reale concretezza all’ Agenda Digitale”. Venturi però invita anche il governo a considerare prioritario “accelerare l’implementazione dei decreti attuativi dell’Agenda digitale, favorendo partnership concrete fra pubblico e privato con l’obiettivo di attivare il processo, realizzando un’Agenda digitale di qualità”.
Marco Fanizzi, Ad e direttore generale di Emc Italia è “fiducioso che il Premier Matteo Renzi abbia tutte le carte in regola per portare finalmente a compimento il progetto dell’Agenda Digitale, che rappresenta, senza alcun dubbio, l’elemento decisivo in grado di riportare l’Italia sul sentiero della crescita economica, incrementando la competitività di aziende e PA. Sono convinto che il destino del Paese dipenda fortemente dalla capacità di avviare un serio e pervasivo processo di innovazione tecnologica. Bisogna iniziare subito quel processo di razionalizzazione delle risorse pubbliche da impiegare, avviando un rapido snellimento dei processi e limitando l’incidenza di una burocrazia divenuta ormai soffocante per le imprese. Inoltre, è necessario incrementare la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese, per tornare a essere attrattivi per gli investitori esteri. Senza investimenti in tecnologia, non c’è crescita. Senza crescita, non c’è futuro”.