PUNTO DI VISTA

Fenomenologia dei Bitcoin

Il Bitcoin è balzato agli onori della cronaca per il rischio di fallimento di uno dei principali gestori. Ma è una bolla che deve scoppiare perché altre valute virtuali possano nascere e prosperare

Pubblicato il 28 Feb 2014

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I Bitcoin sono la moneta virtuale di maggior successo, ma recentemente la loro quotazione rispetto alle valute tradizionali è crollata, a motivo del rischio di fallimento di Mt. Gox, uno dei suoi principali gestori. Chi ama l’idea di una concorrenza tra emittenti di moneta dovrebbe amare i Bitcoin, ma nel contempo sapere – come suggerisce Tyler Cowen – che la concorrenza porta a prezzi più bassi. Quindi, le bolle speculative devono scoppiare, anche perché nuove monete virtuali devono nascere e prosperare.

Fanno notizia i fenomeni che crescono e decrescono velocemente: nella sfera dell’economia vale lo stesso, con particolare riferimento all’andamento dei prezzi, che in una bolla speculativa aumentano esponenzialmente per poi calare in maniera ancora più rapida. Nel caso dei Bitcoin, alla velocità dell’espansione e della – pare temporanea – caduta si aggiunge il fascino psicologico di una nuova moneta, che quasi misteriosamente diventa mezzo di pagamento accettabile e riserva di valore per il fatto stesso che un numero sufficiente di altri individui è disposto ad accettarla per le medesime funzioni.

I Bitcoin sono l’esempio più noto e quantitativamente più rilevante di “criptomoneta”, cioè di una moneta virtuale vigilata non da un’autorità terza, ma dagli utenti stessi riuniti in network. Qual è la materia da vigilarsi nel caso di una moneta virtuale, cioè priva di un suo corrispettivo fisico nella tipica forma di banconote e monete metalliche? La proprietà di una o più unità di Bitcoin è registrata online, ma la vigilanza consiste nel verificare che nessun utente faccia “double spending”, cioè spenda un certo ammontare di Bitcoin (aumentando i depositi del venditore) senza che il suo deposito diminuisca dello stesso ammontare. Nel sistema Bitcoin chiunque abbia un computer di sufficienti capacità e che sia 24 ore su 24 connesso a Internet può diventare un “miner”, cioè contribuire alla vigilanza del sistema di pagamenti di cui sopra.

DOMANDA E OFFERTA DI BITCOIN

Dal punto di vista dell’offerta di moneta, il sistema è basato su una regola fissa e automatica di aumento sempre più lento della quantità totale di Bitcoin presenti. Chi introdusse i Bitcoin nel 2009 (Satoshi Nakamoto: con ogni probabilità un nome collettivo) molto probabilmente simpatizzava con una versione estrema dell’idea di regole rigide nella politica monetaria, per cui gli utenti del sistema sanno già in anticipo l’ammontare di Bitcoin presente nel sistema da oggi in avanti, a patto naturalmente che il sistema sopravviva fino a quella data.
Come funziona la domanda di moneta nel caso dei Bitcoin? In assenza di una domanda causata dal fatto che un certo Stato obblighi o permetta di pagare le imposte in Bitcoin, la domanda di Bitcoin cresce grazie agli effetti di network, cioè con il numero atteso di individui che sono disposti ad accettarli come mezzi di pagamento. Ciò peraltro non esclude una domanda di carattere speculativo, finalizzata a lucrare un profitto a motivo della tendenza del prezzo a crescere velocemente, tendenza che in certe situazioni finisce per autorealizzarsi.
Un liberista con sfumature austriache non può che apprezzare le monete virtuali in quanto chiunque – avendo sopportato dei costi iniziali di marketing e di costruzione dell’infrastruttura – è potenzialmente in grado di creare una nuova moneta virtuale, che faccia concorrenza a quelle già presenti sul mercato. Il punto è trattato brillantemente da Tyler Cowen su Marginal Revolution: la concorrenza tra monete virtuali non può che portare nel medio termine a un abbassamento del prezzo di queste rispetto alle monete tradizionali, con un limite inferiore dato dai costi iniziali di cui sopra, o dal vantaggio reputazionale delle monete già presenti. Ecco il paradosso: chi è rialzista sull’intera galassia delle monete virtuali non può che essere ribassista sulla singola moneta come Bitcoin, appunto perché si aspetta di vedere all’opera la concorrenza di altre monete virtuali. Chi non ha fiducia in questo sistema decentrato di monete si aspetta invece che una bolla speculativa uccida Bitcoin, in maniera abbastanza vertiginosa e cruenta da scoraggiare ogni imitazione successiva. Chi infine ha uno spirito vagamente riformista potrebbe attribuire buone probabilità di successo al sistema nel medio termine, ma nel contempo ritenere che per esigenze di stabilità dovrà mettere insieme una sua banca centrale di carattere collettivo, che agisca come prestatore di ultima istanza.

Il testo riprodotto è tratto da www.lavoce.info

http://www.lavoce.info/come-funzionano-bitcoin/

Riccardo Puglisi ha studiato all’Università di Pavia (dottorato in finanza pubblica) e alla LSE (PhD in economia). Dopo essere stato visiting lecturer al dipartimento di scienze politiche del Massachusetts Institute of Technology e Marie Curie Fellow all’ECARES (Université Libre de Bruxelles), attualmente è ricercatore in economia politica all’Università di Pavia. Si occupa principalmente di political economy, ed in particolare del ruolo politico dei mass media.

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